Mi è stato segnalato un nuovo
articolo di Alberto Conti sul signoraggio, che a quanto pare sembra riscuotere un discreto successo in certi ambienti (complottisti).
Spero fare cosa gradita nel leggerlo e commentarlo per quanti non abbiano ben chiare le idee sull'argomento e quindi magari sono rimasti perplessi nel leggerlo, se hanno avuto la (s)fortuna di imbattervisi.
La moneta dal nulla, tra signoraggio e truffa legalizzata
Mentre attendiamo di vivere da protagonisti le sciagure di un terremoto finanziario-monetario globale, probabilmente aggiungendoci alla lista degli epicentri che anticipano il botto finale, si moltiplicano le diatribe sull’interpretazione qualitativa e quantitativa di uno degli aspetti genomici della nostra moneta, sospettato di essere concausa del cancro che la divora, il signoraggio bancario.
Innanzitutto, parlando della crisi, la situazione italiana non è paragonabile a quella della Grecia e non è assolutamente detto che noi (come Italia) possiamo diventare uno dei prossimi obiettivi della speculazione. Io la vedo più come un incentivo a migliorare il debito pubblico, ossia questa situazione alla fine potrebbe addirittura tornare utile.
Le diatribe ragionevoli circa le cause di questa crisi vertono sul cercare gli sprechi e le inefficienze dei governi, che hanno causato i debiti pubblici, e sull'uso molto spericolato che la finanza ha fatto di alcuni strumenti di investimento, causando bolle speculative all'origine della crisi.
Anche autorevoli economisti spesso citati dagli stessi signoraggisti, come
Werner concordano nell'attribuire a tale finanza creativa le cause della crisi.
Citando proprio Werner ad esempio, nel paragrafo "Come evitare le bolle e le crisi finanziarie" afferma:
"il credito bancario non deve mai essere dato a coloro che lo utilizzano per le operazioni non-PIL. Questo significa soprattutto gli speculatori finanziari."
Nessun economista attribuisce invece al signoraggio bancario l'essere la causa di questa crisi.
Perciò vorrei chiarire una volta per tutte almeno due punti cardine della questione, che non è fondata solo su fatti accertabili in modo più o meno comprovato oltre ogni ragionevole dubbio, ma ha un suo solidissimo fondamento logico di ben più elevata inconfutabilità, come il paradigma della geometria euclidea per i costruttori edili.
La promessa è invitante, ossia dimostrare qualcosa con fatti inconfutabili e logici. Ciò che personalmente preferisco. Sarà però davvero all'altezza di farlo? vediamo..
Primo punto la costruzione e la gestione della cartamoneta, delle banconote che tutti utilizzano e credono di conoscere. Tralascio tutte le interessanti peculiarità tecniche sull’argomento, dando invece per scontato che si sappia che esse rappresentano circa il 5% del denaro “circolante”, secondo il gergo bancario, e che vengono emesse in esclusiva dalla BCE pro-quota fissa dei suoi azionisti, le Banche centrali dei paesi fondatori dell’euro, dopo essersene trattenuto l’8% del totale.
I fatti non stanno propriamente così. L'8% a cui fa riferimento l'articolo non è una "trattenuta" della BCE nei confronti delle banche centrali, bensì la quota di denaro che spetta alla BCE (intesa come sede centrale della SEBC) emettere.
Ma questo è da intendersi come un onere e non come un privilegio. Infatti, i profitti della BCE sono interamente distribuiti alle BCN (banche nazionali), come si evince dallo
Statuto BCE, art.33 pagina 10:
Ripartizione dei profitti e delle perdite netti della BCE
33.1. Il profitto netto della BCE deve essere trasferito nell'ordine seguente:
a) un importo stabilito dal Consiglio direttivo, che non può superare il 20% del profitto netto, viene trasferito al fondo di riserva
generale entro un limite pari al 100% del capitale;
b) il rimanente profitto netto viene distribuito ai detentori di quote della BCE in proporzione alle quote sottoscritte.
Quindi al più la BCE può trasferire un 20% dei profitti al fondo di riserva. Un fondo di riserva, per intenderci, non è qualcosa che un banchiere può usare per comprarsi un appartamento. E' di proprietà della BCE, non dei singoli.
Il fatto che alla BCE non competa neanche un euro di profitti, ma che questi siano distribuiti alle BCN lo si evince anche dallo
schema di ripartizione dei profitti della BCE.
Quindi la favoletta che la BCE si trattiene l'8% delle banconote è completamente campata in aria.
Alla nostra Banca d’Italia compete così un volume di emissione attorno ai dieci miliardi di euri l’anno (più o meno un ottavo della torta), come comprovato dalla pubblicazione dei suoi bilanci alla voce “banconote in circolazione” nello Stato Patrimoniale, che di anno in anno cresce appunto di tale ordine di grandezza.
Non è assolutamente detto che le banconote emesse dalla BCE siano all'incirca uguali ogni anno. L'emissione può addirittura essere negativa, ossia si può avere la necessità di un assorbimento di denaro se la situazione economica lo richiede. E poi, l'emissione non è un privilegio utilizzabile a fini di lucro per la BCE. E' solo uno strumento, insieme ad altri, per assolvere alle proprie funzioni.
Ma qual è la “logica” d’emissione di queste banconote nel circuito economico? Non c’è discussione alcuna sul fatto che non siano più “note di banco”, ricevute di un pari controvalore depositato in custodia presso l’emittente, quindi nascono semplicemente come carta stampata, che nonostante un pregio tecnologico congruo all’uso successivo ha un costo di produzione di pochi centesimi, irrisorio rispetto al valore che rappresenta, stampato in bella evidenza per facilitare l’utente, dai 5 ai 500 euri a seconda dei tagli.
Verissimo, le banconote sono carta il cui unico controvalore è quello dei titoli ricevuti in cambio al momento dell'emissione. Non c'è una "riserva aurea" che le copre, ma proprio i titoli ricevuti in cambio. D'altronde se una banca centrale, per emettere banconote, dovesse prima acquistare dell'oro da mettere a riserva per quelle banconote, cadrebbe in un paradosso di non poter comprare quell'oro proprio perché se avesse il denaro per comprarlo non avrebbe bisogno di comprarlo. Insomma l'alternativa al modo attuale di procedere appare ridicola.
l termine “emissione” della banconota si riferisce al varo di questo esile ma robusto vascello, destinato a “circolare” senza limiti di tempo e spazio, senza scadenza, nel mare magnum dell’economia fisica, quella vera delle persone che producono e consumano ricchezze. Si sa che passando di mano in mano, non sempre mani attente alla sua miglior conservazione, si usurano fino a diventare indegne del loro nobile compito. In tal caso tramite circuito bancario rientrano alla BC che provvede alla loro sostituzione gratuita con pezzi equivalenti freschi di stampa, che ovviamente non entrano nel conteggio di quella decina di miliardi di nuova emissione.
Esatto, la sostituzione delle banconote usurate con quelle nuove non è considerata emissione. Non cambia lo stato complessivo della moneta circolante, e tanto meno lo stato patrimoniale della BCN che la effettua. Però non è un argomento particolarmente interessante a dire il vero.
Questo non per tediare il lettore con dettagli tecnici superflui, ma per sottolineare l’eternità giuridica del valore facciale della banconota, che è il punto cruciale dell’ipotesi di signoraggio integrale, ovvero di lucro dell’emittente pari all’importo stampato sulla banconota emessa.
E qui casca l'asino. Quando i titoli acquistati all'atto dell'emissione arrivano a scadenza,
le banconote devono tornare indietro. Quindi non sono emesse "per l'eternità giuridica", nulla affatto!
Ecco spiegato la noiosa precisazione precedente, era tesa a dimostrare che le banconote rimangono sempre in circolazione, anche se si usurano, perché vengono sostituite.
Era questa la scientificità e l'inconfutabilità di cui si cianciava all'inizio dell'articolo? Ossia secondo l'autore, il fatto che la banca sostituisca le banconote usurate è sufficiente a dimostrare che queste sono emesse "per sempre"?
Non ha considerato che i titoli scadono? e che lo Stato deve pagare il valore nominale del titolo in scadenza? come crede che pagherà lo Stato? in noccioline?
Questo dimostra ampiamente che l'emissione delle banconote non è affatto "permanente" ossia "per l'eternità", anzi! E' soggetta a continui riassorbimenti che avvengono in concomitanza di ogni scadenza dei titoli acquistati.
Di fatto l’emissione si configura come acquisto di merce tramite denaro in forma di banconota, il primo di una catena potenzialmente infinita di acquisti successivi di altrettanti possessori temporanei di tale oggetto mistico, la banconota. La merce acquistata dall’emittente è un titolo di debito pubblico, garantito dallo Stato, con tanto di scadenza e interessi.
L'autore di nuovo "dimentica" che il titolo è vero che è acquistato, ma proprio perché ha una scadenza, fa si che la catena non sia affatto infinita, e venga anzi troncata brutalmente proprio al momento della scadenza, che comporta la restituzione del denaro alla BCE.
Ancora, forse l'autore non conosce bene come funzionano i titoli di Stato, che non danno "interessi", ma al più "rendimenti", che dipendono dal prezzo di acquisto. Lo Stato invece alla scadenza restituisce sempre il valore nominale. Il frutto sta nella differenza tra valore nominale e valore di acquisto.
a liquidità sul mercato di tali titoli li rende equivalenti al denaro, tant’è che vengono conteggiati nella grande massa del “circolante” in senso esteso, all’estremo opposto della gamma rispetto alla banconota, la più “liquida” di tutti, in una scala di liquidità che va da M0 a M3, sempre nel gergo dei banchieri (tutto da ridiscutere, ma questa è un’altra storia). Quindi l’emissione della banconota da parte del suo creatore si configura come acquisto di denaro tramite denaro, ovvero un riciclo di denaro di un tipo, esente da interesse, in denaro di un altro tipo, gravato d’interesse a carico del contribuente.
Ancora insistendo nell'errore di chiamare interesse ciò che interesse non è, infatti non si tratta di un prestito (la BCE non presta soldi a nessuno), ma di un acquisto.
Inoltre, quando uno Stato emette un titolo di debito, lo fa vendendolo in un'asta pubblica, a cui la BCE non può partecipare (a parte l'eccezione recente Greca). Il fatto che dovrà pagare dei rendimenti a chi gli compra i titoli, non è certo una colpa da attribuire alla BCE, che tra l'altro detiene solo una piccola quantità del debito pubblico degli Stati.
Se poi la BCE, per emettere moneta, acquista sul mercato dei titoli (ma non all'asta), lo Stato che danno ne subisce? nessuno. I suoi debiti rimangono gli stessi, per lo Stato non cambia nulla il fatto di dover restituire il valore nominale dei titoli alla BCE anziché a qualcun'altro.
Ma il grosso di questo signoraggio immediato non è l’interesse, come vorrebbero far credere i banchieri che pure lo ammettono, ma l’appropriazione di ricchezza pari al valore facciale, come affermano i cosiddetti “signoraggisti”, così chiamati in senso dispregiativo dai “negazionisti”.
E qui siamo arrivati al solito delirio di "BCE che si appropria della ricchezza pari al valore facciale". Senza peraltro alcuna argomentazione valida, diversamente da come annunciato nelle premesse.
Non si capisce questa appropriazione in cosa consista. Quei soldi sono usati per comprare dei titoli. Poi lo Stato, alla scadenza, restituisce quei soldi alla BCE, che li usa eventualmente per nuove emissioni.
E' ovvio che il profitto per la BCE sta nella differenza tra prezzo di acquisto dei titoli e valore nominale, profitto che abbiamo già visto essere distribuito alle BCN.
Che l’appropriazione indebita coincida con l’emissione è un fatto evidente di per sé, non può essere diversamente per quanti tecnicismi si vogliano frapporre per giustificarne il contrario. Uno però vale la pena ricordarlo, per la ricorrenza e l’ambiguità con le quali viene brandito dai negazionisti: l’emittente non scambia definitivamente la sua cartamoneta fresca di stampa con titoli di Stato, ma semplicemente la presta, come fosse un automobile che la Hertz consegna ai suoi clienti. La Hertz però non ha un parco di autovetture che cresce di numero perpetuamente di dieci miliardi l’anno.
L'autore si contraddice due volte nella stessa frase. Se parla di appropriazione indebita dell'intero valore nominale dei titoli comprati, perché parla di prestito? Parlando di prestito implicitamente ammette che i soldi vengano restituiti alla BCE. Addirittura propone di scambiare definitivamente con titoli di Stato. Ma che senso avrebbe? equivarrebbe a regalare quei soldi. Quindi la BCE non sarebbe più in grado di riassorbirli, e lo Stato vedrebbe diminuito il proprio debito in modo gratuito.
Sebbene possa ad una lettura superficiale apparire una cosa positiva, questo equivarrebbe ad emettere denaro regalandolo allo Stato. Quale valore avrebbe una moneta emessa in questo modo?
Supponete di essere un emiro arabo che deve vendere il petrolio all'Italia. Pensate che accetterebbe denaro "stampato al momento" gratis? Nessuno al mondo accetterebbe un pagamento in una valuta siffatta. Perché stampando non si crea valore. Il valore del denaro emesso dalla BCE è proprio garantito dai titoli che sono comprati con esso.
La BCE non si arricchisce con quell'acquisto, e tanto meno lo Stato si impoverisce, visto che il debito dello Stato non aumenta quando la BCE ne acquista un titolo.
Conti sembra essere disposto a sostenere tutto ed il contrario di tutto pur di dimostrare la sua tesi, ossia che il denaro dovrebbe essere stampato gratis. Certo, se lo dicesse in questi termini, farebbe ridere i polli, ecco perché cerca di confondere le acque con mille affermazioni false e insinuazioni varie.
Se poi pensiamo ai biglietti verdi stampati dalla FED negli ultimi 50 anni, all’interno di un analogo paradigma fondativo, si capisce tutta la monumentale bugia che sta dietro questa teoria del prestito. Un prestito non è “per sempre”, altrimenti si chiama regalo, a fondo perduto. Che è esattamente ciò che fa l’utente della banconota, rappresentato dallo Stato, nel momento in cui avviene l’emissione.
Un prestito non è per sempre, ovvio. Infatti le banconote non sono prestate. Servono a COMPRARE titoli di Stato. E tuttavia proprio per questo alla scadenza dei titoli di Stato, queste sono riassorbite. Poi sono eventualmente riemesse in cambio di altri titoli di Stato.
Quindi non è per nulla calzante l'esempio dello Stato con la banconota. Infatti non è lo Stato ad emettere la banconota, ma la BCE, e non la emette "per sempre", ma temporaneamente, acquistando un titolo di Stato (non prestandola).
Insomma il sig. Conti persiste nel ripetere gli stessi errori nella speranza che alla fine le bugie diventino vere.. mi ricorda un periodo piuttosto buio della storia italiana.
La legge stessa lo comprova, la banconota non è più “esigibile”, guai a chi volesse riconsegnarla alla BC pretendendo pari controvalore di altra natura in cambio.
Dato che in Europa vige il corso forzoso, chiunque volesse un controvalore in cambio di Euro, non avrebbe che da recarsi in un qualsiasi negozio (es. un oreficeria) a comprare ciò che vuole.
Cosa si pretende dalla BCE? fare le veci di un negozio?
Visto che le banconote sono la merce più scambiabile, non si vede perché uno dovrebbe andare in BCE a farsela cambiare. Con cosa poi?? Siamo al ridicolo se ci si riflette, tipo:
Si presenta la signora Pina con 100 euro alla BCE,
-- Ding-Dong (suona il campanello)
-- Chi siete?
-- sono la signora Pina
-- Quanti siete?
-- uno
-- cosa volete?
-- ho qui 100 euro, vorrei scambiarli con 5 Kg di prosciutto cotto
Ora il problema non è tanto negare il “fatto”, quanto giudicare se sia doloso, se il lucro gratuito dell’emittente sia o no devoluto alla comunità degli utenti, ad esempio allo Stato. La BC conserva a titolo di garanzia del sistema euro un pari controvalore di tutto il circolante in banconote accumulato negli anni? Certamente NO!
Ovviamente la BCE non conserva a titolo di garanzia un pari controvalore di tutto il circolante
accumulato negli anni. Semplicemente, possiede a titolo di garanzia, il controvalore del
circolante corrente.
D'altronde i titoli di Stato comprati 10 anni fa e scaduti 9 anni fa sono stati restituiti allo Stato alla scadenza, e in quel momento lo Stato ha pagato il loro valore nominale, che è quindi "tornato alla fonte". Non ha senso parlare quindi di "controvalore accumulato".
Il controvalore (titoli di Stato) è restituito allo Stato ogni volta che scade, ossia numerose volte all'anno.
La BC versa allo Stato un pari controvalore delle banconote emesse? Certamente NO!
La BC siamo noi, cioè la BC rappresenta un alter ego dello Stato? NI.
Sta rigirando completamente la frittata. La BCE emette denaro, comprando titoli. I titoli si trovano sul mercato e sono già stati emessi dallo Stato. Quindi ne' lo Stato versa nulla alla BCE e ne' viceversa. Ovviamente però, come con tutti i titoli, lo Stato è tenuto a pagarne il valore nominale alla scadenza.
La BC rappresenta noi? certo, è l'organismo che lo Stato ha delegato per la politica monetaria, così come i giudici sono i delegati alla giustizia, i maestri di scuola i delegati ad insegnare ai bambini e gli arbitri i delegati ad arbitrare le partite di pallone. Ad ognuno i suoi compiti.
Perfino in Italia, dove l’azionariato di Banca d’Italia è al 95% costituito da banche e assicurazioni private, controllori e controllate al contempo, la giurisprudenza definisce la BC come Istituto di Diritto Pubblico.
La banca d'Italia è una società di diritto pubblico e pertanto non ha azionisti ma partecipanti.
Il resto sono solo chiacchere.
Però i conti del Tesoro sono ben separati da quelli delle BC e del sistema bancario che esse esprimono, anche negli altri paesi dell’euro. E mentre il debito pubblico ingigantisce, il credito privato dei grandi proprietari fa altrettanto e ancor di più, per cifre ovviamente ben superiori alle banconote emesse, ma ci deve comunque essere una qualche relazione.
Il debito pubblico sale o scende in base al fatto che ogni anno c'è un deficit oppure no. L'emissione del denaro della BCE è effettuata acquistando dal mercato titoli di stato in circolazione. La quantità acquistata dipende da scelte di politica monetaria ossia di quale sia il livello di liquidità appropriato in quel momento.
Facendo un paragone, è come se a monte ci fosse un fiume (il debito pubblico) e a valle una donzelletta che riempie una brocca (la BCE che compra una parte dei titoli di Stato).
Che relazione c'è tra la portata del fiume (il debito pubblico) e il volume della brocca? nessuno.
Eppure per il sig.Conte ci deve essere per forza. Su quali basi? nessuna. E meno male che il ragionamento doveva essere inconfutabile e basato su fondamenta solidissime! Di fondamenta per ora non ce n'è neanche l'ombra, di sciocchezze invece ce ne sono parecchie, anche più di una per ogni frase.
Anche se il debito pubblico complessivo è molto superiore, è fuor di dubbio che ad ogni banconota in circolazione, priva d’interesse, corrisponde pari frazione di debito pubblico gravato d’interesse.
E non si capisce proprio perché le banconote necessarie alla vita economica di tutti, forzosamente imposte dallo Stato come mezzo di pagamento, anziché essere nostre ce le dobbiamo far prestare da estranei, in base a trattati distrattamente ratificati dai parlamenti nazionali nonostante il parere contrario della popolazione, come dimostrano le pochissime volte che la materia è stata indirettamente oggetto di referendum (mai in Italia).
Di nuovo, lo Stato non chiede soldi in prestito alla BCE. Li chiede al mercato, e in particolare a chiunque voglia comprare i suoi titoli. La BCE compra solo una parte dei titoli, ma non direttamente dallo Stato, ma dal mercato a sua volta.
L'alternativa dello Stato a chiedere soldi in prestito sarebbe quella di stamparli gratis.
Ma siamo di nuovo al punto di partenza.
Chi vorrebbe soldi da uno Stato che li stampa come se fossero figurine?
Ma tant’è, questo paradosso del prestito delle banconote fa parte del sistema, così oltre al danno ci procura anche la beffa dei negazionisti del signoraggio, convinti nonostante l’evidenza dei numeri a bilancio che le banconote “prestate” tornino quasi tutte da mamma BC.
Ora le banconote sono di nuovo "prestate" e tornano tutte da mamma BC. Ma Conte non era quello che affermava, poche righe sopra, che le banconote erano emesse "per l'eternità"? Ah si, ma era PRIMA. Adesso invece non più, e non gli va bene lo stesso ovviamente. L'unico paradosso si avrebbe se uno Stato si mettesse a stampare soldi "gratis" e gli altri Stati accettassero tale valuta come strumento di pagamento. Quello si che sarebbe sorprendente, e stupido per chi accettasse una tale moneta.
E’ a dir poco avvilente che in questi drammatici frangenti, nell’attesa che ineluttabilmente il sistema monetario collassi dopo aver distrutto lo stesso tessuto economico lungamente parassitato, l’intelligenza individuale non riesca a livello di massa ad emanciparsi dalla fumosa confusione che avvolge i paradossi fondativi della moneta che ci portiamo in tasca, neppure nei casi più semplici, basilari. Non per niente i banchieri e i loro amici economisti descrivono M0 come “base monetaria”.
A dire il vero è avvilente che persone come Conte, che non hanno capito nulla dell'argomento, azzardino addirittura a scrivere articoli su di esso e una massa di pecore li segua in questi scempi della ragione.
Secondo punto la costruzione e la gestione del credito, ovvero il grosso della moneta in circolazione, sotto forma di annotazioni contabili.
Il Presidente di Banca Popolare di Milano ha pubblicamente spiegato perché hanno sottoscritto un prestito di Stato in forma di Tremonti-bond, che le grandi banche rifiutarono, visto il tasso d’interesse elevato (circa 8%). Motivo semplicissimo, con quei soldi ottenuti dallo Stato la banca erogava mutui per 15 volte tanto alla propria clientela, in un momento di scarsità del credito ai “piccoli”, così il costo di quel denaro è come se fosse stato 8/15 di punti percentuali, praticamente mezzo punto, nulla in confronto agli interessi attivi praticati alla clientela.
Sarei curioso di leggere il testo integrale di questa intervista. Se Conti è stato in grado di dire tutte le falsità che ha detto sull'emissione del denaro, non vedo perché non dovrebbe distorcere anche il contenuto di tale conversazione.
Nessun banchiere può, fronte di un prestito ricevuto, prestare 15 volte tanto, anzi, al massimo, proprio per il meccanismo della riserva obbligatoria al 2%, ne potrà prestare massimo il 98%.
A meno di non fare dei falsi in bilancio.
Questa verità sbandierata pubblicamente su una TV in chiaro, è la conseguenza degli accordi vigenti di Basilea 2, che fissano la riserva frazionaria obbligatoria tra il 2% e il 12% del prestito erogato.
Ecco, appunto, riserva frazionaria al 2% vuol dire che se hai 100 di deposito ne puoi prestare 98. Non che se hai 2 ne puoi prestare 100, anche perché non ce li hai!
Tramite riflusso bancario ed altri tecnicismi, questo implica la possibilità di erogare prestiti per 50 o 8 volte la liquidità (di altri clienti) posseduta (custodita) in quel momento. E’ un fatto sconvolgente, prestare a usura (pardon, a interesse) denaro inventato dal nulla, creato a costo zero solo perché un cliente ne ha assoluto bisogno.
La banca non crea denaro nel senso letterale del termine, presta una parte dei depositi. M0 (la base monetaria) rimane invariata, mentre M1 (che include i depositi) in questo caso aumenta, e questo tecnicamente significa che è creato denaro, ma si tratta pur sempre di un prestito.
Se una banca ha 100 non può mai prestare più di 98.
E questa dell’esempio è indubbiamente una delle banche più oneste e virtuose del sistema. In un paio di decenni tutte le onestissime banche commerciali (onestissime in confronto alle banche d’affari) si fanno gratis un capitale pari a tutti i loro mutui in essere, solo con gli interessi. Si capisce bene che se poi falliscono per inadempienza, detta volgarmente bancarotta, chissenefrega! Il malloppo è già al sicuro da un pezzo, nei paradisi della finanza globale. Rotta una banca privata se ne fa un’altra, e i cocci sono dello Stato.
Le banche fallite di recente non sono certo fallite per la riserva frazionaria, ma per l'uso spericolato di finanza creativa, e per aver concesso dei mutui senza opportune garanzie. Ossia perché hanno fatto un cattivo credito, e speculato con i soldi dei clienti.
Ma tutto questo col signoraggio non c'entra un benemerito.