venerdì 19 novembre 2010

Presunta violazione ex art. 3 di bankitalia


In questi giorni ho fatto alcune indagini su una presunta violazione dell'ex art. 3 di bankitalia, argomento su cui sono interrogato qualche mese fa e su cui non avevo le idee molto chiare.





Di cosa si tratta in sostanza?
Con un decreto del 12 dicembre 2006,
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
(bla bla bla)

Sulla proposta dei Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e delle finanze, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia;
Decreta:
È approvato il nuovo statuto della Banca d'Italia nel testo allegato al presente decreto.
(Nota: per chi non lo sapesse, lo statuto della Banca d'Italia è approvato per legge, non essendo la stessa una società privata)

In particolare, l'art.3 è cambiato in
Il capitale della Banca d’Italia è di 156.000 euro ed è suddiviso in quote di partecipazione nominative di 0,52 euro ciascuna, la cui titolarità è disciplinata dalla legge.
Il trasferimento delle quote avviene, su proposta del Direttorio, solo previo consenso del Consiglio superiore, nel rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza dell’Istituto e della equilibrata distribuzione delle quote.

Mentre prima era così:
Il capitale della Banca d’Italia è di 156.000 euro rappresentato da quote di partecipazione di 0,52 euro ciascuna (4). Le dette quote sono nominative e non possono essere possedute se non da:

a) Casse di risparmio;
b) Istituti di credito di diritto pubblico e Banche di interesse nazionale;
c) Società per azioni esercenti attività bancaria risultanti dalle operazioni
di cui all’ art. 1 del decreto legislativo 20.11.1990, n. 356;
d) Istituti di previdenza;
e) Istituti di assicurazione.

Le quote di partecipazione possono essere cedute, previo consenso del Consiglio superiore, solamente da uno ad altro ente compreso nelle categorie indicate nel comma precedente.
In ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della Banca da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia posseduta da enti pubblici.
La parte "incriminata", ossia oggetto della mia indagine, è appunto quella in grassetto.

La prima cosa che mi sono chiesto è cosa fossero le "Banche di interesse nazionale".
Da wiki ho trovato:
Le Banche di Interesse Nazionale nacquero nel 1936 in Italia con la promulgazione della cosiddetta Legge Bancaria che riformava il sistema creditizio.
La legge mirava all'attuazione di quel processo che il capo del governo Mussolini aveva definito Autarchia nel rivoluzionare l'esercizio del credito qualificato come funzione di "interesse pubblico" e del sistema bancario come "difesa del risparmio".
Pertanto con la suddetta legge si sottopongono entrambe le attività alla disciplina del diritto pubblico.
Le banche che furono trasformate da questa legge in Banche di Interesse Nazionale furono la Banca Commerciale Italiana, il Credito Italiano e il Banco di Roma: la fisionomia di questi istituti era così quella di banche di credito ordinario che non potevano tuttavia fare più prestiti all'industria né essere proprietarie di valori industriali.
In sostanza erano delle banche nazionalizzate ed in particolare la Banca Commerciale, il Credito Italiano ed il Banco di Roma.

Poi ho indagato su cosa fossero le banche del punto c) ossia quelle derivanti dalle operazioni di cui all’ art. 1 del decreto legislativo 20.11.1990 (riforma Amato-Carli), n. 356 che è consultabile qui
Questo decreto aveva l'obiettivo di determinare la fuoriuscita dello Stato dalla diretta gestione delle banche e quindi favorire il raggiungimento di una mobilità delle risorse investite nelle banche pubbliche. Allo scopo ha incentivato la trasformazione delle banche pubbliche in Società per Azioni a controllo pubblico e le operazioni di concentrazioni fra banche. In particolare sono state trasformate in società per azioni le Casse di risparmio, le Banche del Monte, gli Istituti di credito di diritto pubblico e degli Istituti di Credito speciale.

In particolare, è interessante leggere l'art.19 di tale decreto:
Art. 19. Permanenza del controllo (4)
1. Nelle società bancarie risultanti dalle operazioni di cui all’art.1, la maggioranza delle azioni con diritto di voto nell’assemblea ordinaria deve appartenere a enti pubblici o società finanziarie o bancarie nelle quali la maggioranza delle azioni con diritto di voto nell’assemblea ordinaria appartenga ad uno o più enti pubblici.
2. La previsione del comma precedente è richiamata negli statuti i quali indicano se si applica la disciplina di cui ai successivi commi 3 e 4 ovvero quella dell’art. 20.
3. La cessione di azioni e ogni altra operazione che determini per gli enti pubblici la perdita, anche temporanea, del diritto di voto relativo alle azioni di società bancarie risultanti dalle operazioni di cui all’art. 1, nonchè delle azioni delle altre società finanziarie o bancarie indicate nel comma 1 del presente articolo devono essere autorizzate dal Ministro del tesoro. L’operazione si intende autorizzata trascorsi novanta giorni dalla presentazione della relativa istanza. Il termine è sospeso qualora siano richiesti ulteriori dati e notizie integrativi.
4. Non può essere esercitato il diritto di voto relativo alle azioni acquisite in violazione di quanto previsto dal presente articolo. Il Ministro del tesoro, sentita la Banca d’Italia, può impugnare a norma dell’art. 2377 del codice civile la deliberazione assembleare assunta con il voto determinante di coloro che non potevano esercitare il relativo diritto; il Ministro del tesoro può disporre il riscatto delle azioni trasferite senza le prescritte autorizzazioni, alle condizioni previste dal contratto di cessione entro i limiti consentiti dalle leggi di bilancio.

Quindi si può notare che, pure privatizzando tali banche, le si obbligava comunque a chiedere l'autorizzazione al Ministro del tesoro per qualsiasi cessione che comportasse una perdita del diritto di voto relativo alle azioni di società bancarie.

In sintesi, le aziende bancarie furono scoporate, e conferite per legge a Enti conferenti (con la forma di Fondazioni) creati unilateralmente, e a questi fu attribuito il computo di proseguire le originarie funzioni non creditizie e di utilità sociale, che da sempre avevano caratterizzato gli Istituti di diritto pubblico che gestivano le banche e di conservare, obbligatoriamente, per legge, il controllo pubblico sulle Banche scorporate con riguardo alla partecipazione.

Il controllo “pubblico” esercitato dalle Fondazioni diventava, in tal modo, l’assetto proprietario prevalente nel sistema bancario italiano.

Con la riforma Amato-Carli ci si è dunque trovati di fronte a due soggetti distinti: la Banca S.p.A., che proseguendo la funzione creditizia dell’ente originario,non aveva più le finalità sociali di assistenza e beneficenza; e la Fondazione bancaria o “Ente conferente”, di natura pubblica, che diventava uno strumento di conservazione del controllo pubblico sulle banche, con scopi istituzionali di interesse pubblico e di utilità sociale nei settori della ricerca scientifica, dell’istruzione, dell’arte e della sanità e con un ruolo attivo, dunque, nel settore “non profit”.


Tuttavia la legge Amato non conseguì i risultati sperati, in quanto le Fondazioni solo marginalmente si impegnavano nei compiti "istituzionali", preferendo invece continuare a fare credito.


Al fine di separare in modo più netto le Banche S.p.A. dalle Fondazioni, e fissare, per queste ultime, un regime civilistico, si rendeva, pertanto, necessario un nuovo intervento, attuato con legge delega 23 dicembre 1998 n.461 “Delega al Governo per il riordino della disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti, di cui all’art.11, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n.356 e della disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria”, alla quale sono seguiti il D.lgs. 17 maggio 1999, n.153 e l’Atto di indirizzo del Ministro del Tesoro Amato del 5 agosto 1999.

Tale riforma riguardava tutte le fondazioni che controllavano le banche e prevedeva che questi divenissero enti di diritto privato e dismettessero le partecipazioni di controllo delle Banche.
Infatti leggiamo, dall'art. 2.2.a
a) convertire, previa deliberazione dell'assemblea della società bancaria
partecipata, le azioni ordinarie, dagli stessi detenute direttamente o
indirettamente a seguito dei conferimenti di cui al decreto legislativo 20
novembre 1990, n. 356, e successive modificazioni, in azioni delle stesse
società privilegiate nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale
sociale e senza diritto di voto nell'assemblea ordinaria. Le azioni con voto
limitato non possono superare la metà del capitale sociale
;
Le azioni ordinarie, per chi non lo sapesse, danno diritto di voto nelle assemblee ordinarie, mentre quelle privilegiate hanno precedenza nella ripartizione degli utili, ma non hanno diritto di voto nelle assemblee ordinarie, bensì solo nelle straordinarie.
Quindi tale articolo di legge stabilisce che le fondazioni non dovevano più avere il controllo delle banche ad esse conferite.

Questo fa si che per legge le fondazioni hanno dovuto cedere il controllo delle banche che a loro volta possedevano quote di bankitalia.
Leggiamo l'art. 7 della stessa legge:
Il regime fiscale di trasferimento delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera m), viene determinato dal Governo secondo criteri di neutralità fiscale, con decreto legislativo da emanare, sentite le competenti commissioni parlamentari, entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, tenendo conto, per gli enti di cui alla presente legge, anche del patrimonio, dell'ambito territoriale di operatività nonché della parte di reddito che essi prevedono di devolvere ai fini statutari.
Quindi il governo è ben conscio che le quote di bankitalia non saranno più controllate dalle fondazioni, infatti si preoccupa di descrivere il regime fiscale con cui deve avvenire il trasferimento.


Concludendo, se pure dovessimo accertare che, nel 2006, quando è stato cambiato, sempre con un decreto legislativo, l'art.3 di bankitalia, questo risultava violato, è anche vero che è stato lo Stato stesso a disporne (per legge) la violazione, obbligando le fondazioni, che controllavano le banche che detenevano quote di bankitalia, a dismetterne le quote perdendone il controllo.

Nessuna colpa si può quindi imputare alle fondazioni (e tanto meno alle banche ad esse conferite) che hanno semplicemente adempiuto al proprio dovere. Avrebbe dovuto essere lo Stato, nel promulgare la legge del 1998, a cambiare contestualmente lo statuto di bankitalia.
Possiamo invece affermare che con la modifica dell'art.3 effettuata nel 2006 lo Stato abbia semplicemente regolarizzato la situazione di irregolarità che esso stesso aveva instaurato con la legge del 1998.

12 commenti:

  1. Le fondazioni bancarie dovrebbero essere abolite domani mattina. Fuori la politica dalle banche!

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  2. Pienamente d'accordo. Da quelle private ovviamente. Ma anche da tanti altri posti, come la televisione, l'antitrust, la Consob e tutti gli organismi di controllo che dovrebbero essere neutrali invece sono politicizzati

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  4. Giovanni, un "tasso onesto" è un tasso in linea col mercato e associato ad un contratto senza particolari clausole vessatorie .
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  5. Avevo già scritto ieri ma il messaggio non è comparso. Volevo dire che ho suggerito via mail a Perle Complottiste inserire Signoraggio Informazione Corretta tra i siti consigliati, e lo ha fatto, se guardate ora ci siete anche voi consigliati su Perle Complottiste

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  6. grazie tante, seguo da molto quella pagina e ne sono onorato!

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  7. Grazie per la risposta Hires. Come faccio a calcolare il tasso in linea con il mercato ?....

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  9. Divertente questo post http://2909.splinder.com/post/10045527/il-libro-piu-idiota-della-storia-dellumanita

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  10. Questo commento era più appropriato sotto un altro articolo, lo copio li..

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  11. Quindi fatemi capire: i 2000 miliardi di euro di debito nei confronti di chi li abbiamo?
    Quando la BCE o la Federal Reserve emettono tot miliardi di euro/dollari e di conseguenza aumenta il debito pubblico di tutti gli stati membri che ne usufruiscono, fatemi capire, questo debito nei confronti di chi è?
    Quando ad agosto gli USA hanno alzato il tetto del debito bubblico di ben 2400 miliardi di dollari per farsi prestare i soldi dalla Federal Reserve? Cosa mi sfugge?

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  12. "Quando la BCE o la Federal Reserve emettono tot miliardi di euro/dollari e di conseguenza aumenta il debito pubblico di tutti gli stati membri"
    Questa cos'è una tua invenzione non c'è coincidenza.



    "Quando ad agosto gli USA hanno alzato il tetto del debito bubblico di ben 2400 miliardi di dollari per farsi prestare i soldi dalla Federal Reserve? Cosa mi sfugge? "
    La maggior parte li ha presi il mercato non la fed.

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