mercoledì 7 luglio 2010

Quella famosa frase di Tremonti sulla moneta sovrana

In diversi mi hanno chiesto il significato di una frase di Tremonti riguardo il signoraggio. Premesso che per me Tremonti è più abile come sonnifero che come economista, ho trovato un articolo abbastanza interessante in merito, su phastidio.net



Nuova esternazione mistico-moralistica del nostro ministro dell’Economia. Poiché siamo affetti da masochismo, ne tentiamo umilmente l’esegesi.


“Nessuna parte del mondo può vivere senza agricoltura ma credo che una parte del mondo senza finanza e il fatto che sulla terra non si parli inglese è un aiuto in questo senso”.


Ha detto Giulio Tremonti intervenendo oggi ad un convegno sull’Agricoltura ‘Terra e Persona‘. Aldilà della bizzarra anglofobia, non è chiaro se, quando parla di terra, il ministro si riferisca all’oggetto dell’agricoltura o al pianeta. In entrambi i casi è utile ricordare che la finanza è ovunque, dall’economia di sussistenza ed autoproduzione (alla quale speriamo Tremonti non stia guardando in questo suo ritorno all’antico), allo scambio dei surplus alimentari tra produttori, fino alla negoziazione di futures e opzioni per bloccare il prezzo di compravendita a termine dei raccolti, nell’interesse dei produttori, delle industrie di trasformazione alimentare e, in ultima analisi, del consumatore. In realtà pare che Tremonti stia cercando di convincere il CIO a introdurre la disciplina olimpionica di lancio del bambino con l’acqua sporca, dove è certo di poter trionfare.

Andiamo avanti:


”Dal ’90 gli Stati hanno rinunciato alla sovranità monetaria e hanno permesso che la moneta fosse stampata dalle banche. Accanto a una moneta buona, sovrana, si è aggiunta un’altra moneta non buona, stampata sul nulla. Così c’è stata una diffusione esponenziale di titoli che non rappresentano una proprietà, valori oggettivi”.

Questa è assai poco comprensibile, ma proviamo. Cosa è successo negli anni Novanta, e quando esattamente gli stati avrebbero rinunciato alla sovranità monetaria? Abbiamo tre ipotesi. Nella prima, Tremonti potrebbe riferirsi all’Atto Unico Europeo, che ha istituito l’Istituto Monetario Europeo, precursore della Banca Centrale Europea. Il riferimento alla cessione di sovranità monetaria sarebbe quindi relativo alla creazione dell’euro. Ma questa interpretazione contrasta con l’ultimo Tremonti, che non risparmia elogi alla moneta unica, oltre che piuttosto incoerente con l’insieme della frase. La seconda interpretazione è molto più preoccupante. Tremonti sta forse riferendosi al “divorzio” tra le banche centrali ed i Tesori nazionali, la fase storica che ha sancito la fine della monetizzazione del debito pubblico e che è alla base, in Europa, dell’edificazione della moneta unica? Se Tremonti sentisse pubblica nostalgia per i bei tempi andati, quelli in cui era lo stato a ordinare alle banche centrali di stampare moneta, ci troveremmo di fronte non tanto ad un atteggiamento filo-inflazionistico ed ostile alla moneta unica ed alla costruzione europea (che non sarebbe un grosso problema, rientrando nell’ambito del free speech), quanto ad un fondamentale ministro che sposa in toto la posizione di quegli sciroccati di signoraggisti, che in pratica affermano che dovrebbe essere lo stato a gestire direttamente la moneta, senza l’intermediazione non tanto delle banche centrali (che sono parte dello stato, anche quando sono indipendenti dal governo) quanto delle banche commerciali e del sistema di riserva frazionaria.

Se il Tremonti-pensiero è questo, potremmo organizzare una raccolta di firme a scelta tra abrogazione della legge Basaglia, destituzione del ministro, legalizzazione dell’uso di sostanze stupefacenti. Ma siamo ragionevolmente certi che il ministro volesse dire altro, anche se non sappiamo cosa. Forse Tremonti si riferiva semplicemente (terza ipotesi) al modello originate-to-distribute, cioè alle cartolarizzazioni ed al ruolo delle agenzie di rating, che hanno attribuito meriti di credito che non esistevano. Se questa è l’interpretazione corretta, è difficile non giungere alla conclusione che il deficit di regolazione (perché di questo staremmo parlando) c’entra con la “sovranità monetaria” come i cavoli a merenda (parlando di prodotti della terra). Ma si tratterebbe di una conclusione certamente più rassicurante, perché sembra rientrare nelle caratteristiche elucubrazioni tremontiane, alle quali il paese ha in più occasioni dimostrato di saper sopravvivere.

Che altro? Ah, si:


“Le crisi hanno sempre un termine e questa non è la fine del mondo ma la fine di un mondo, dominato dall’illusione della ricchezza costruita attraverso il debito e dominato dalla falsificazione dei bilanci. Il mondo al termine della crisi avrà dimensioni meno surreali e più reali, meno finanziari e più materiali. Ci si guadagnerà in termini di valori spirituali”.


Se questa non è la fine del mondo, l’invocazione del ritorno a non meglio precisati “valori spirituali” è lievemente ridondante. E comunque quelli possono tranquillamente coesistere con un’economia in sana espansione, a meno di pensare a forme di pauperismo con cilicio di serie come manifesto ideologico del tremontismo. Siamo assolutamente d’accordo con la critica all’eccesso di debito. Compito dei regolatori è quello di impedire che ciò accada. Noi, che siamo libertari assai imperfetti, non regoleremmo alcunché, affidandoci al vecchio adagio “lo sciocco e i suoi soldi si separano presto”. Sfortunatamente, i nodi sistemici dell’eccesso di debito ci impediscono di invocare il principio di responsabilità individuale, e ci costringono a ripiegare sulla regolazione. Quanto alla falsificazione dei bilanci, l’Italia e Tremonti hanno l’opportunità epocale di lanciare il primo legal standard della presidenza italiana del G8. Come? Dando l’esempio, e abrogando questo, ad esempio.

lunedì 5 luglio 2010

Signoraggio, tra mito e realtà


Ho trovato un articolo,

Signoraggio, tra mito e realtà

sul sito http://phastidio.net/ e l'ho trovato molto interessante.
Ve lo riporto.



Questo articolo rappresenta un tentativo di spiegare cosa è il signoraggio, come si produce ai nostri giorni, quale è la fondamentale differenza tra signoraggio nominale, reale ed imposta da inflazione, quale è il ruolo delle banche commerciali nel processo di creazione della moneta, attraverso il meccanismo del moltiplicatore dei depositi indotto dalla riserva obbligatoria. L’imperfetta conoscenza dei meccanismi economici alla base del processo di creazione della moneta ha concorso ad alimentare alcuni miti intorno al concetto di “moneta fiduciaria”. Riteniamo quindi opportuno e necessario tentare il debunking di tali miti.

Cosa è
Il signoraggio è l’insieme delle risorse ottenute da chi emette moneta, in virtù del proprio potere di emissione. In un regime monetario metallico quale quello esistito in Occidente fino al Ventesimo secolo, il signoraggio deriva storicamente dall’inclusione dei costi di coniazione nelle ragioni di scambio tra metallo coniato e non coniato. Tale ragione di scambio è superiore all’unità (cioè produce un signoraggio) in quanto chi emette moneta deve recuperare i costi della coniazione. Con il progressivo rafforzamento dell’autorità centrale dello stato si afferma il monopolio statuale della coniazione e si attribuisce alla moneta legalmente certificata potere liberatorio nei confronti dei rapporti di debito, in primo luogo del debito fiscale. Il signoraggio viene così ad includere un vero e proprio profitto di monopolio. Il passaggio al corso forzoso della moneta, nel corso del Ventesimo secolo, implica che la carta moneta non rappresenta più una passività redimibile in risorse reali nei confronti dello stato. Quest’ultimo può quindi acquisire risorse reali emettendo debito irredimibile (la moneta) a fronte del quale non contrae alcuna obbligazione di pagamento per interessi.

Un esempio concreto
Nel caso canadese, il Ministero delle Finanze paga la Zecca (Royal Mint) per produrre e distribuire monete metalliche. Il “costo industriale” di produzione è attualmente pari a 12 centesimi per moneta di valore nominale pari a un dollaro. L’utile della Royal Mint equivale quindi ad un signoraggio di 88 centesimi per ogni dollaro posto in circolazione. Per le banconote, responsabile dell’emissione è la Bank of Canada. Qui il processo di contabilizzazione del signoraggio è diverso rispetto al caso delle monete metalliche. La banca centrale utilizza le banconote per acquisire titoli governativi fruttiferi. In Canada, il reddito da interessi ha oscillato tra 1,7 e 2,2 miliardi di dollari annui. Detratte le spese operative della banca, che includono i costi di stampa e distribuzione delle banconote e quelli per il ritiro e la distruzione delle banconote logore (spese complessivamente stimate in 130 milioni di dollari annui), la differenza viene acquisita dall’Erario. Il reddito da signoraggio su banconote rappresenta, quindi, una forma di finanziamento (peraltro piuttosto contenuta) della spesa pubblica federale, alternativa (o più propriamente aggiuntiva) all’imposizione fiscale.

Il signoraggio, oggi
Ai giorni nostri, un governo che voglia utilizzare il signoraggio per finanziare il proprio deficit non ricorre alla stampa diretta di moneta, ma utilizza un procedimento indiretto. Il Tesoro emette titoli governativi fruttiferi per un importo pari al deficit da finanziare. Ma, anziché essere collocati presso i risparmiatori, tali titoli vengono sottoscritti dalla banca centrale, che può essere costretta a farlo in caso non sia indipendente dal potere politico. La banca centrale stampa quindi il denaro necessario per acquistare i nuovi titoli di stato emessi, e lo consegna al Tesoro nazionale, che se ne serve per compiere i propri pagamenti. Questa operazione di stampa di cartamoneta per acquisto di titoli governativi di nuova emissione è del tutto equivalente alle c.d. “operazioni di mercato aperto”, attuate dalle banche centrali per regolare la liquidità di sistema.

Riassumendo: il nuovo deficit pubblico equivale alla variazione dello stock di titoli di stato circolanti. Quest’ultimo viene a sua volta disaggregato in stock detenuto dal pubblico e stock detenuto dalla banca centrale. Le variazioni di quest’ultimo equivalgono a variazioni della base monetaria, o moneta ad alto potenziale. L’aumento di base monetaria rappresenta il signoraggio nominale raccolto dal governo. Chi ritiene che il signoraggio rappresenti una rilevante fonte di risorse per i governi in tempo di pace dovrebbe trarre spunti di riflessione da questo esempio: negli Stati Uniti, la variazione media annua di base monetaria è di circa 30 miliardi di dollari, pari al 2 per cento del gettito prodotto dalle imposte federali. Ad evidenza, i governi non possono fare affidamento sul signoraggio per raccogliere risorse, e ciò a causa dell’inflazione.

Signoraggio reale ed imposta da inflazione
La base monetaria è collegata alla variazione dell’offerta di moneta attraverso il meccanismo del moltiplicatore dei depositi. Torneremo a breve su questo concetto. Per ora, è importante sapere che la quantità di reddito reale che i governi possono raccogliere dal signoraggio è limitata dal tasso d’inflazione. Il reddito reale da signoraggio è il valore reale della moneta appena creata, ed è uguale al reddito nominale da signoraggio diviso per il livello dei prezzi. In altri termini, il reddito reale da signoraggio è uguale al tasso di inflazione moltiplicato per l’offerta reale di moneta. Questa equazione spiega efficacemente perché gli economisti talvolta definiscono il signoraggio come “imposta da inflazione”. In ogni imposta, infatti, il gettito è dato dal prodotto tra aliquota d’imposta e base imponibile. Nel caso dell’imposta da inflazione, la base imponibile è data dall’offerta reale di moneta e l’aliquota d’imposta è data dal tasso d’inflazione. Il governo, quindi, raccoglie l’imposta da inflazione stampando moneta ed utilizzandola per acquistare beni. L’imposta da inflazione è pagata da chiunque detenga moneta, perché l’inflazione erode il potere d’acquisto della medesima. Ad esempio, quando il tasso d’inflazione è al 10 per cento annuo, una persona che detenga banconote per un anno perderà il 10 per cento di potere d’acquisto su quel denaro liquido; ciò equivale ad un’imposta del dieci per cento sul potere d’acquisto, che altro non è che la moneta reale.

Ora, ipotizzate che un governo intenda finanziare il proprio deficit attraverso la stampa di moneta. Pensate che il signoraggio reale aumenti in parallelo? La risposta è no. O almeno, non necessariamente. Aumentando l’offerta di moneta, il governo può aumentare il tasso d’inflazione. Tuttavia, nell’ipotesi di tasso d’interesse reale costante, un aumento dell’inflazione provoca un aumento equivalente del tasso d’interesse nominale, inducendo il pubblico a ridurre la propria domanda reale di moneta. Quindi, il reddito reale da signoraggio aumenta al crescere del tasso d’inflazione solo se l’aumento di quest’ultima eccede il calo nei saldi di moneta reale detenuti dal pubblico. Confusi? Per meglio visualizzare il concetto di imposta da inflazione, pensate all’impianto teorico della curva di Laffer. Avrete un grafico di questo tipo :



Vi risulta più familiare? Per approfondimenti e per comprendere le ipotesi sottostanti al modello, vi rinviamo a questo articolo (di cui è co-autore l’attuale presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke), da cui sono tratti anche gli esempi utilizzati in questo articolo.

Per riassumere, cosa è possibile affermare sul signoraggio di matrice “governativa”, quello derivante dalla stampa di cartamoneta per finanziare acquisti di beni? Sostanzialmente due cose. In primo luogo, che il signoraggio nominale rappresenta una frazione trascurabile delle risorse raccolte attraverso imposizione fiscale. Ma soprattutto che il signoraggio reale, l’unica grandezza rilevante ai fini dell’acquisizione di merci e servizi da parte del governo, è una grandezza che non può essere accresciuta indefinitamente attraverso l’espansione dell’offerta di moneta.

Signoraggio e banche commerciali
Come scritto sopra, il moltiplicatore dei depositi rappresenta il meccanismo attraverso il quale variazioni della base monetaria si trasformano in variazioni dell’offerta di moneta. Tale moltiplicatore è anche lo strumento che consente alle aziende di credito di creare moneta apparentemente dal nulla, attraverso il meccanismo della riserva frazionaria. Ipotizziamo che la banca centrale acquisti buoni del tesoro dalla banca commerciale. Il controvalore della transazione sarà disponibile per la banca commerciale, che potrà utilizzarlo concedendo prestiti. La banca commerciale non potrà tuttavia prestare l’intero importo del deposito, perché è obbligata a mantenere una frazione dell’incremento dei depositi presso la banca centrale sotto forma di riserva obbligatoria. Ipotizzando un coefficiente di riserva obbligatoria del 10 per cento, la banca commerciale (o meglio, l’intero sistema delle banche commerciali) potrà realizzare impieghi pari a 9 volte l’importo originario generato in contropartita con la banca centrale. Se tale importo fosse stato di 1000 euro, il sistema delle banche commerciali si troverà, al termine del processo di aggiustamento, con 9000 euro di impieghi e 10.000 euro di depositi, e questo riassume il processo di creazione della moneta. E’ importante precisare che questo esempio è frutto di semplificazione. Il valore effettivo del moltiplicatore dei depositi e della moneta è influenzato, oltre che dal coefficiente di riserva obbligatoria, anche dal quoziente di drenaggio di circolante (la propensione del pubblico a detenere banconote anziché depositarle presso la propria banca) e dal quoziente di riserve in eccesso, o riserve libere, detenute dal sistema delle banche commerciali a titolo prudenziale. Questi due quozienti impliciti tendono a ridurre il moltiplicatore della moneta, sommandosi al coefficiente di riserva obbligatoria imposto dalla banca centrale per finalità di regolazione dell’offerta di moneta.

Data la descrizione del processo di moltiplicazione dei depositi, è possibile affermare che le banche commerciali godano di un “pasto gratis” rappresentato dalla remunerazione dei prestiti concessi a partire dall’originario deposito in contropartita della banca centrale? Non esattamente. Si ricordi che le banche commerciali ricevono effettivamente una remunerazione sui prestiti, ma devono anche remunerare i depositi che il processo moltiplicativo genera. Nell’esempio precedente, ipotizzando una remunerazione media sugli impieghi pari al 6 per cento ed un costo medio dei depositi del 4 per cento, il sistema beneficia di un differenziale di circa l’1,55 per cento sul totale degli impieghi, il cosiddetto margine di interesse. Tale margine, che rappresenta la remunerazione del rischio d’impresa nell’intermediazione creditizia, entra nella determinazione dell’utile della banca, sul quale vengono prelevate le imposte. Nulla di così scandaloso o illusionistico, con buona pace delle leggende metropolitane sulla creazione di credito da parte delle banche commerciali.

Ogni paese necessita di un meccanismo per espandere la propria offerta di moneta in modo consistente con il tasso di crescita potenziale dell’economia. In linea di principio, non c’è un bisogno insopprimibile di banche private. Le loro funzioni potrebbero essere svolte direttamente dalla banca centrale, raccogliendo depositi da privati ed aziende, pagando interessi su tali depositi, e gestendo il trasferimento di fondi tra conti correnti in quanto parte del più generale sistema di pagamenti. Allo stesso modo, la banca centrale potrebbe fornire l’intera crescita dell’offerta di moneta concedendo prestiti e monetizzando il debito pubblico attraverso l’acquisto di titoli del Tesoro. Sfortunatamente, operare in questo modo equivale a gestire la crescita dell’economia attraverso una burocrazia centralizzata. Sistema di solito malfunzionante, come dimostra l’esperienza storica dell’Unione Sovietica. Le banche private che operano sotto l’incentivo del profitto possono allocare i fondi in modo più efficace ed efficiente, basandosi sulla propria conoscenza dei mercati locali e settoriali, e del rischio di credito<. Le banche hanno quindi l’esigenza di ottenere una remunerazione (sotto forma di margine d’interesse e/o di commissione su servizi) sui prestiti concessi. Diversamente, non sarebbe possibile coprire i costi operativi e non ci sarebbe ragione per restare in affari. Alcune banche fanno un buon lavoro, ed accrescono il proprio capitale assieme all’economia che sostengono. Altre prestano male, diventano insolventi e trascinano con sé i propri investitori-proprietari. In media, la profittabilità del sistema creditizio è comparabile a quella del sistema economico complessivo. Nel lungo periodo, le banche possono evidentemente crescere solo allo stesso passo dell’economia reale. Le banche private agiscono quindi come agenti della banca centrale, utilizzandone il credito ed operando sotto la sua supervisione. Esse sono regolamentate e nessuna può prestare oltre un dato multiplo del proprio capitale a rischio. Gli utili delle banche private dipendono dall’efficienza e dall’efficacia con cui le stesse gestiscono la propria attività.

Il sistema creditizio oggi funziona abbastanza bene, ma l’esperienza recente dimostra che vi sono prassi da correggere. Una è la tendenza a prestare pro-ciclicamente, cioè troppo durante le fasi di espansione dell’economia (e prima di rallentamenti e recessioni, attenuando gli standard di controllo del rischio e selezione dei debitori) e troppo poco durante le fasi iniziali della ripresa. O ancora, si pensi alla crescente propensione a prestare ad istituzioni finanziarie impegnate in attività eminentemente speculative, con scarso o nullo beneficio economico. Anche per questo, le banche centrali sono impegnate nella sfida della regolamentazione per correggere gli eccessi finanziari senza danneggiare l’innovazione finanziaria e la competizione tra intermediari, che sono alla base della crescita complessiva dell’economia.

Le conclusioni
Per quanto premesso ed analizzato, ci pare possibile affermare che il tema del signoraggio rappresenta, soprattutto per insufficiente conoscenza dei meccanismi economici ad esso sottostanti, una sorta di matrice cospirazionista dalla quale origina una florida mitologia. Anche la genuina argomentazione libertaria contro il sistema creditizio a riserva frazionaria non riesce a cogliere l’effetto contro-intuitivo di un modello creditizio a riserva totale: un sistema di pagamenti centralizzato altamente rigido ed incapace di cogliere tempestivamente i segnali di evoluzione della domanda di credito proveniente dagli agenti economici, famiglie ed imprese. Meno libertà e meno crescita sarebbero l’ovvia risultante dell’abolizione del sistema creditizio privato. Ancora: la separazione, formale e sostanziale (cioè perseguita da banchieri centrali realmente autonomi), tra banca centrale e Tesoro rappresenta la migliore garanzia contro il ricorso da parte dei governi all’imposta da inflazione.

Una certa quantità di signoraggio è inerente ad un sistema economico fondato sulla moneta fiduciaria, ma la marginale perdita di benessere collettivo ad esso associata è più che compensata dallo sviluppo che l’attuale ordine monetario garantisce alle economie di mercato. Compito dei liberali è quello di restare vigili riguardo l’indipendenza della banca centrale ed il conseguimento e mantenimento di condizioni di concorrenza sui mercati. Incluso quello, fondamentale, del credito.

sabato 3 luglio 2010

Quanto ci costa il signoraggio delle banche centrali?

Mi è stato chiesto da più parti di esaminare gli scritti comparsi di recente di un certo Giovanni Passali, e visto che lo stesso ha citato questa pagina in un suo articolo, lo considero come un invito esplicito da parte sua.
Iniziamo da un articolo intitolato Quanto ci costa il signoraggio delle banche centrali?
Personalmente lo trovo molto noioso da leggere perché, per leggere 5 righe bisogna cambiare pagina, questo presumo sia fatto per gonfiare il numero di pagine viste e far si che per ogni 5 righe il lettore non abbia più davanti a se quello che aveva letto prima. Questo fa si che chi scrive possa continuamente aggiungere continuamente nuove sciocchezze scorrelate dalle precedenti.
Ma vieniamo al merito.

Il signoraggio è di fatto il profitto che ottiene chi crea moneta. Si distingue in primario e secondario a seconda che si tratti della creazione fisica di monete e banconote (operata dalla banca centrale) oppure della creazione elettronica di moneta (operata da una banca commerciale). Il signoraggio primario corrisponde, ovviamente, alla differenza tra il valore “facciale” della banconota e il costo per produrla (carta e inchiostro).
Iniziamo una lunghissima serie di definizioni del signoraggio con quella che evidentemente, dato che non ha alcuna fonte, è quella ritenuta vera da Passali.
Cosa è per lui il signoraggio? il profitto che ottiene chi crea moneta
Lo distingue in primario e secondario, chiamando secondario in sostanza gli interessi che i prestiti che le banche commerciali fanno. Infatti erogare prestiti (usando parte dei depositi dei correntisti) è il modo in cui, in senso lato, le banche commerciali creano moneta. Infatti effettuando un prestito una banca commerciale causa l'aumento dell'aggregato monetario M1, che è moneta.

Facciamo alcune considerazioni. L'euro (così come credo tutte le valute nei propri paesi di appartenenza) è il mezzo di pagamento imposto dalla legge, ossia qualunque venditore di uno stato membro dell'area euro è costretto ad accettarla come pagamento per legge. Non può rifiutarsi. La moneta serve come mezzo di scambio, quindi a sua volta assume il valore degli oggetti che con essa si possono comprare.
La differenza sta nel fatto che il valore della moneta non dipende dal suo costo di produzione, ,che è prossimo allo zero, ma dal suo valore nominale.
Se chi emette moneta considerasse un profitto il valore nominale, avendo avuto come costi solo quelli di produzione, agirebbe come un falsario
Sarebbe ingiusto anche dal punto di vista etico, con un costo irrisorio, appropriarsi di un valore molto più grande. Questo vale per chiunque, Stato, banca centrale o qualsiasi altro ente.
Come fare allora affinché questo non avvenga? Chi emette la moneta deve considerarla un proprio debito. Accade quindi che le banche centrali considerino la moneta che emettono come un proprio debito. Se una banca centrale stampa una banconota da 100 euro, non consegue alcun guadagno, perché non ha fatto altro che stampare un proprio titolo di debito, come se avesse in tasca un proprio assegno.
Il fatto che un debito possa essere usato come mezzo di pagamento non dovrebbe sorprendere.
Se un privato emette una cambiale, questa potrà circolare ed essere usata per dei pagamenti, sebbene nessuno sia obbligato ad accettarla. Però se chi ha emesso la cambiale gode di ottima fiducia, difficilmente quella cambiale sarà rifiutata.
Se chi emette la cambiale è lo Stato stesso, ad esempio, quella cambiale potrebbe circolare senza timori di essere rifiutata, ma sarebbe comunque scomoda da usare come moneta, perché avente un taglio troppo grande.
Allora cosa fa la banca centrale? compra quella cambiale, che se emessa dallo Stato sarà appunto un titolo di Stato, scambiandola con un proprio debito, ossia la moneta.
In questo modo, aumenta la moneta circolante perché nel sistema è sostituito un titolo di Stato con moneta fresca, più facile da usare per i pagamenti.
In realtà la banca centrale non compra solo titoli di Stato ma anche obbligazioni e altre attività.
Il debito della banca centrale gode di un privilegio però che i titoli di Stato e le obbligazioni dei privati non hanno, ossia non è soggetto ad interesse passivo.
D'altronde la BCE emette moneta non per una propria necessità di cassa ma proprio per adempiere alle proprie funzioni, quindi non avrebbe alcun senso pagare degli interessi sulle banconote emesse.
Accade quindi che all'emissione la banca centrale compra, dal mercato secondario, un titolo di Stato il cui valore nominale (ad esempio) è 100 euro pagandolo 95.
Da quel momento quel titolo inizia a maturare un interesse che culmina, al momento della sua scadenza, con la differenza tra il valore nominale ed il prezzo a cui l'ha pagato, ossia 5.
Dato che sarebbe comunque ingiusto che la banca centrale facesse suoi quei 5 euro, gli stessi 5 euro sono redistribuiti, fatte salve eventuali somme messe a riserva, agli Stati membri, attraverso le loro banche nazionali.
Fatte queste premesse, vediamo come procede l'articolo.

Ma non basta, poiché chi produce le banconote, cioè le Banche Centrali, di fatto le immette in circolazione acquistando titoli di stato, che hanno un loro rendimento. Quindi, in concreto, per produrre una banconota da 100 euro, la banca centrale spende circa 3 centesimi di euro. Con questa banconota viene acquistato un titolo di stato, dal rendimento (supponiamo) dell’1%. Il reddito da signoraggio primario è quindi pari 100+1%-0,03=101-0,03=100,97 euro.
Questo è la tipica sciocchezza trita e ritrita di chi non ha capito nulla dell'emissione della moneta.
Ho già spiegato nel passaggio precedente l'errore di fondo, ma voglio fare ancora un esempio.
Se io privato ho 100 euro e compro un titolo di Stato del valore nominale di 101 euro, alla scadenza avrò 101 euro, ossia avrò guadagnato un euro.
Perché se la stessa cosa la fa la banca dovrebbe guadagnarci di più? il titolo è lo stesso, il rendimento non cambia in base a chi lo compra.
Il guadagno aggiuntivo che vede Passali sta nella differenza valore nominale e costi di produzione. Ma abbiamo visto che sarebbe ingiusto per chiunque considerare un profitto (guadagno) il valore nominale della moneta emessa, ed è per quello che viene considerata come un debito da chi la emette.


Dove finisce questo lucrosissimo profitto? Per la maggior parte sparisce nei bilanci delle Banche Centrali, poiché esse, secondo un’antica consuetudine, mettono al passivo le “banconote in circolazione”, facendo risultare come reddito da signoraggio solo la parte di rendimento del titolo acquistato.
Non c'è alcun "lucrosissimo" profitto e non c'è nulla che sparisce. Espressioni come antica consuetudine cercano di distorcere la realtà. Se una cosa è giusta, rimane giusta anche se passano 100 anni, non necessariamente ciò che è antico è sbagliato.
Cosa succederebbe se la banca operasse come vorrebbe Passali? Facciamo un esempio:
Lo Stato emette un titolo da 101 euro
La banca lo compra al prezzo di 100 euro.
Alla scadenza la banca restituisce il titolo e ottiene 101 euro, che per assurdo consideriamo interamente come utile.
A questo punto a fine anno la banca distribuisce l'utile allo Stato, per un importo pari a 101 euro.
Cosa succederebbe per lo Stato in questo caso?
All'emissione del titolo incasserebbe 100 euro indebitandosi per 101
Alla scadenza del titolo pagherebbe 101 euro
Poi riceverebbe 101 euro di utile dalla banca.
Totale : +100 -101 + 101 = 100
Ossia lo Stato avrebbe, dal nulla, un utile di 100 euro, ossia tutto il valore nominale della moneta creata dal nulla. Ossia sarebbe addirittura premiato con 100 euro per il fatto di essersi indebitato della stessa somma. Equivale a stampare soldi gratis e farne ciò che si vuole.
Questo è inammissibile eticamente, e anche sciocco, perché nessuno accetterebbe una moneta che qualcuno emette come un falsario.


La vera moneta da un punto di vista legale è una convenzione; da un punto di vista sociologico è l’emergere di una fiducia sociale, che si afferma con l’accettazione collettiva e personale di uno strumento monetario, atto a misurare il valore dei beni e facilitare gli scambi commerciali. Si accetta moneta contro merci, perché si ha la certezza morale di poter ottenere in futuro merci in cambio della moneta accettata.
Passali parla di fiducia, omettendo di citare il motivo unico che genera la fiducia che quella moneta sarà accettata dalla collettività: il corso forzoso, ossia il fatto che l'accettazione è imposta dalla legge, la certezza morale è una novità, priva di alcun significato, di Passali.


Da questa descrizione risulta evidente che lo strumento monetario è portatore di una potenzialità di valore, un valore positivo, un valore attivo. La scrittura della moneta tra i passivi del bilancio è prima di tutto un’azione che non descrive la realtà. Se così è la regola, andrà cambiata la regola.
Tutto sbagliato. Visto che la moneta rappresenta un valore attivo per chi lo detiene, deve essere necessariamente una passività per chi lo emette, perché non si può creare una ricchezza semplicemente stampando un pezzo di carta. Questa è la realtà.
Se la moneta fosse un'attività anche per chi la emette, avremmo le storture e le assurdità appena descritte.



Come la Banca d’Italia giustifica questa scrittura contabile? La giustifica definendo il signoraggio in questo modo: “Per signoraggio viene comunemente inteso l’insieme dei redditi derivanti dall’emissione di moneta. Con riferimento all’euro, il reddito da signoraggio generato dall’emissione della moneta è definito come reddito originato dagli attivi detenuti in contropartita delle banconote in circolazione e viene ricompreso nel calcolo del reddito monetario che, secondo l’articolo 32.1 dello Statuto del SEBC, è ‘il reddito ottenuto dalle Banche Centrali Nazionali nell’esercizio delle funzioni di politica monetaria del Sistema Europeo delle Banche Centrali’”.
La BCE definisce il signoraggio nella maniera corretta e logica, ossia come reddito originato dagli attivi detenuti in contropartita delle banconote in circolazione
In sostanza i frutti dei titoli che vengono acquistati, ad esempio gli interessi sugli stessi.


Per la verità, chiedere alla Banca d’Italia cos’è il signoraggio è come chiedere all’oste se il vino è buono; in questo caso, la Banca d’Italia ci conferma che il vino è buono perché lo dice pure il vignaiuolo (il SEBC, cioè il Sistema Europeo delle Banche Centrali). In ogni caso, secondo questa definizione, il signoraggio, di fatto, è il reddito che si ottiene dai rendimenti di investimenti in titoli, di stato e non. Quindi una modesta percentuale della moneta prodotta.
Sino a prova contraria, la Banca d'Italia è un'istituzione pubblica, quindi non è paragonabile all'oste che vende il vino. Allora chiedere alla Banca d’Italia cos’è il signoraggio è anche paragonabile a chiedere l'interpretazione di una legge ad un giudice, o a chiedere la diagnosi di una malattia ad un medico. Se si parte con il pregiudizio e con la malafede si arriva solo a conclusioni complottiste.

Ora, con tutta la buona volontà, se Bankitalia ha i suoi onesti profitti dai rendimenti dei titoli acquistati, dovrebbe anche farci sapere da dove viene il denaro con cui acquista questi titoli. E dovrebbe dircelo nel bilancio.
Da dove viene il denaro con cui acquista questi titoli? c'è bisogno di chiederlo? dal nulla. Questo non dovrebbe scandalizzare, visto che è un debito della BCE.
E nel bilancio, c'è scritto, basta saperlo leggere, e a patto che Passali ci spieghi cosa non trova esattamente.
Eppure a suo dire, la buona volontà ce la mette tutta.. insomma il ragazzo si applica, però ha dei limiti..

Al contrario, il volume “Economia Monetaria” di Bagliano e Marotta (Il Mulino, pag. 18), riporta invece: “In linea di principio, la creazione di base monetaria in condizioni di monopolio dà la possibilità alla banca centrale di ottenere redditi (il cosiddetto signoraggio) pari alla differenza tra i ricavi ottenibili dall’investimento in attività finanziarie e reali e i (trascurabili) costi di produzione”.
In generale, i ricavi di un investimento in attività finanziarie sono, per delle azioni, i dividendi, mentre per le obbligazioni sono gli interessi percepiti.
Infatti il Bagliano dice ricavi ottenibili dall’investimento in attività finanziarie e non ricavi ottenibili dalla VENDITA di attività finanziarie
Invece molto abilmente il Passali come prosegue?
Quindi, secondo gli autori, la differenza non è tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita dei titoli (cioè il nostro1% nell’esempio di sopra), ma tra il ricavo e il costo di produzione della moneta (cioè inclusi i 100 euro nell’esempio di sopra). La cosa veramente simpatica (o ridicola, fate voi) è che la pagina di Wikipedia in cui viene definito il signoraggio riporta entrambe le citazioni, e poi l’ignoto estensore di quella pagina prosegue come se le due citazioni dicessero la stessa cosa:
Sbagliato. Bagliano parla di ricavo ottenibile dall'investimento e NON di ricavo e basta. Invece Passali lo intende, stranamente come ricavo della vendita
Da che mondo e mondo un investimento non è una vendita.
Se ho 100 euro e li voglio investire, devo prima COMPRARE qualcosa, poi nel tempo in cui la possiedo godo dei suoi frutti, e infine la VENDO.
C'è una bella differenza tra ricavo di una vendita e ricavo dell'investimento!
Se compro qualcosa a 100 euro e la vendo a 105, il ricavo della vendita è 105, ma il ricavo dell'investimento è solo 5 !!
La definizione di bankitalia coincide quindi con quella del Bagliano, se non si cambiano le frasi a proprio gusto.
Certo se non si sa distinguere tra "investimento" e "vendita" non ci si dovrebbe mettere a fare i professorini..
Abbiamo quindi accertato che: bankitalia e Bagliano concordano nella definizione di signoraggio. L'articolo di Passali prosegue riportando la definizione presente in wikipedia:


"Il signoraggio derivante dall’emissione diretta di moneta da parte dello stato viene incassato da questo, mentre quello derivante dall’emissione di moneta da parte della banca centrale viene in parte prelevato dallo stato, sotto forma d’imposta, e il rimanente resta alla banca centrale, dove viene utilizzato per coprire i costi di funzionamento e, per l’eventuale parte eccedente, costituisce utile netto”. La frase lascia chiaramente intendere che lo stato, in entrambi i casi, prende la gran parte dei profitti. Invece, nel caso delle banconote della Banca d’Italia, il valore della banconota sparisce tra i passivi del bilancio."
E invece come dimostrato, tutti i profitti, ossia il ricavo degli investimenti, e non, ovviamente, della sola vendita, perché non ci può essere vendita senza acquisto, sono distribuiti allo Stato. La parte che Passali ritiene non distribuita semplicemente non esiste.

La confusione culturale è tale che la stessa Banca d’Italia vi contribuisce. Nella sua definizione di “Funzione di emissione” afferma letteralmente che essa “produce il quantitativo di banconote assegnatole, [...] immette le banconote in circolazione e provvede al ritiro e alla sostituzione dei biglietti deteriorati”. Quindi, per ammissione della stessa Banca d’Italia, la funzione di emissione comprende la produzione, ma di tale produzione nel bilancio non c’è traccia.
La confusione abbiamo già visto che è tutta nella testa di Passali, che ovviamente cerca di confondere anche chi legge.
Dice ora che nel bilancio non c'è traccia della produzione della moneta, ossia i costi derivanti dalla funzione di emissione.
Diamo un'occhiata al bilancio di bankitalia e vediamo se ha ragione.
Che il tapino le abbia cercate nello Stato Patrimoniale?
Trattandosi di costi, le troviamo nelle voci di conto economico. A pagina 325 (318 del documento) troviamo:
10.8 Costi per servizi di produzione di banconote -18.220 (espressi in migliaia di euro)
Ossia bankitalia ha speso più di 18 milioni di euro per produrre banconote.
Insomma siamo davanti a qualcuno che di economia non capisce assolutamente NULLA.
Confonde vendita con investimento, non sa leggere un bilancio.
A dire il vero neanche io sono un'economista, ma con un po' di impegno e studio le informazioni le trovo. Al Passali invece piace solo scrivere ciò che gli passa per la mente in quel momento.


Ma veniamo al sodo. Proprio la differente contabilizzazione tra Banca Centrale e Stato rende evidente l’applicazione di un’ideologia contro l’applicazione del buon senso. Infatti, nel bilancio dello stato la produzione delle monetine viene messa tra gli attivi. Mentre nel bilancio della Banca d’Italia (la Bce fa lo stesso), le banconote appaiono solo al passivo, sotto la voce “banconote in circolazione”.
Ora è introdotta una nuova sciocchezza. Si parla di differente contabilizzazione tra Banca Centrale e Stato riferendosi, per la Banca Centrale, all'emissione delle banconote, ma per lo Stato, all'emissione delle monetine!
Abbiamo visto come la BCE emette le banconote, e perché sia giusto che queste vengano poste al passivo nello Stato patrimoniale. La BCE le emette in cambio di titoli o obbligazioni.
Quando i titoli scadono, le banconote tornano alla BCE. Questo, tra l'altro, fa sì che la BCE possa decidere di riemetterle oppure no in base a quanta liquidità il sistema necessita.

Analizziamo ora cosa succede quando lo Stato emette le monetine. Lo Stato le emette (sempre "dal nulla") in cambio di denaro. Non tornano più indietro, non c'è un titolo che scade e che determina la restituzione delle monetine allo Stato. Ossia le monetine sono sempre emesse a titolo definitivo, per sempre. Il guadagno sull'emissione delle monetine è un "una-tantum", tra l'altro abbastanza misero, perché se è vero che per quelle da 1-2 euro vale qualcosina, accade che per quelle di taglio inferiore i costi di produzione possano anche superare il valore nominale.
Se consideriamo anche i costi di trasporto, non rimane un granché, ed è per questo che la BCE decentralizza questa funzione delegando ad essa i vari Stati membri. Per risparmiare almeno sui costi di trasporto.

Ovviamente lo Stato non considera le monetine una propria passività, proprio per il carattere che ha l'emissione, ed è per questo che, correttamente, considera un ricavo il valore nominale delle monetine prodotte.
Essendo il ricavo che ne consegue abbastanza modesto, rappresenta il costo del servizio di emissione delle monetine che lo Stato incassa in quanto eroga il servizio stesso.

Le due emissioni sono quindi totalmente differenti, ed è proprio per questo che sono anche contabilizzate in modo differente.


La schizofrenia ideologica appare ancora più evidente se si tiene conto dei numeri. Dal bilancio della Banca d’Italia del 2009 pubblicato pochi giorni fa (pag. 345) sappiamo che lo Stato incassa circa un miliardo di euro (l’utile è stato di 1,6 miliardi) come reddito da signoraggio su un circolante di oltre 130 miliardi di euro. Ma dal signoraggio per la produzione delle monete, lo Stato ha messo in bilancio circa 154 milioni, su un circolante di circa 3,8 miliardi di euro. In altre parole, il signoraggio sulle banconote ha fruttato il 7 per mille del circolante (contando l’acquisto di titoli), mentre il signoraggio sulle monete ha fruttato il 4 per cento delle monetine in circolazione (semplice produzione).
La schizofrenia ideologica è tutta sua, infatti sta confrontando valori che tra loro non hanno nulla a che vedere.


E pensare che questo anno passato è stato straordinariamente fruttuoso. Nell’esercizio 2007, il signoraggio riconosciuto dalla Banca d’Italia ha fruttato allo Stato appena 57 milioni di euro. Rispetto ai 110 miliardi di euro di banconote circolanti di allora, una vera elemosina, pari allo 0,052%. Ma la vera posta in gioco non è tanto un mancato o minore profitto per lo Stato, cioè per tutti noi. Occorre ricordare e tenere presente cosa è in realtà la moneta. La moneta è anche un fenomeno sociologico che induce un comportamento. Il comportamento indotto è quello di accettare moneta in cambio di merce, nella convinzione di poter ottenere merce in cambio di moneta.
L'utile della BCE e la quota redistribuita alle banche nazionali dipende da molti fattori, non solo dalla quantità di banconote circolanti.
Proprio per questo, ossia il non dipendere solo dal circolante, i risultati del 2009 sono molto diversi da quelli del 2008.
A pagina 305 del pdf, (298 del documento), la relazione di bankitalia infatti spiega:
Il miglioramento del risultato del 2009 è da ricondurre principalmente all’assenza
sia di svalutazioni da cambio (1.222 milioni nel 2008) sia di accantonamenti al fondo
connesso con le operazioni di politica monetaria dell’Eurosistema (1.031 milioni nel
2008). Il Consiglio direttivo della BCE ha inoltre deliberato il ridimensionamento
del citato fondo, determinando un ulteriore effetto positivo per il conto economico
dell’Istituto per 310 milioni.

Dunque l'utile dipende ad esempio, dalle svalutazioni, e dall'aumento o diminuzione della consistenza delle riserve.
Non si possono confrontare cavoli e patate!



Nei moderni sistemi monetari, tutta la moneta circolante è a debito, un debito che grava su tutta la comunità che utilizza quella moneta. Poiché si tratta di un ambiente chiuso, alla fine tutti i maggiori debiti si caricheranno sullo stato, poiché lo stato è l’unico soggetto (nei limiti di uno sviluppo crescente, ma anche perché non vi sono alternative) autorizzato a indebitarsi indefinitivamente.
Sbagliato. La moneta che emettono le banche è debito, vero, ma per le banche centrali non per il resto della comunità.
Tutte le banche centrali infatti considerano la moneta emessa un proprio debito. Alla fine dei conti, il Passali dovrebbe lamentarsi del contrario, ossia se la banca centrale NON lo considerasse un proprio debito, ma visto che lo fa, perché si lamenta?
Perchè dice tutta la moneta circolante è a debito lagnandosene?
Perché in realtà, da buon signoraggista, confonde le acque, e invece di evidenziare come giustamente le banche già considerino la moneta un proprio debito, vede un problema nel fatto che all'atto dell'emissione, quella moneta serve per comprare un debito di qualcun'altro.
Delle operazioni della BCE per emettere denaro ne ho già parlato e descritto come la BCE compra vari generi di attività all'atto dell'emissione, di cui il 40% formato da titoli di Stato, ed il resto altri tipi di titoli e obbligazioni.
Insomma di solito la BCE emette moneta comprando un debito di qualcun'altro.
Riflettiamo un attimo però. Perché questo dovrebbe essere un problema?
Supponiamo che lo Stato abbia venduto a ME un titolo dal valore nominale di 1000 euro, e io l'abbia pagato 950.
Lo Stato ha con me un debito, che alla scadenza sarà di 1000 euro.
Lo Stato, in base alle sue entrate, dovrà garantirmi il pagamento dei soldi che mi spettano.
La BCE in tutto questo, sin'ora, non c'entra nulla.
A questo punto entra in gioco quella birbantella della BCE.
Cosa fa? viene da me, mi da 960 euro (perché intanto è passato del tempo e io ho maturato degli interessi), e io le cedo il titolo.
In giro, ora ci sono 960 euro in più, perché io ho convertito il MIO titolo in moneta sonante.
A questo punto, lo Stato allo scadere del titolo, dovrà pagare alla BCE i 1000 che avrebbe dovuto dare a me.
Perché, di grazia, a questo punto lo Stato ha un problema? Rispetto a prima, la moneta in circolazione è addirittura aumentata! al più gli sarà PIU' FACILE trovare i soldi per pagare, visto che ora gira più moneta.
Lo Stato ha anche un'ulteriore vantaggio nel fatto che la BCE abbia comprato il titolo da ME.
Infatti IO mi sarei tenuto TUTTI PER ME i 50 euro che avrei guadagnato, alla scadenza.
La BCE invece redistribuirà ai vari Stati, i suoi 40 euro di profitto.
QUINDI? Dov'è il complotto?
Perché Passali evita di dire che l'ambiente è talmente chiuso che gli utili (interessi) incassati dalla BCE sono totalmente redistribuiti agli Stati (fatti salvi aumenti/diminuzioni di consistenza dei fondi di riserva)?
Ovviamente perché non gli conviene.


Un debito sempre crescente richiederà sempre nuova moneta, che farà crescere ancora di più il debito. Prima o poi arriva la crisi. E proprio nei momenti di crisi, il peso dell’elemento sociologico della moneta diventa determinante. Il debito sempre crescente dello stato induce a un comportamento: la vendita dei beni dello stato. Le chiamano privatizzazioni, ma molto spesso si tratta di svendere non solo un bene pubblico, ma soprattutto un potere che dovrebbe essere in mano a pubbliche autorità. Uno degli esempi più significativi è l’assegnazione della raccolta dei tributi a ditte private.
Qui Passali fa un minestrone davvero stravagante. Chi l'ha detto che il debito debba essere crescente? Basta che lo Stato spenda meno di quanto incassa e destini la differenza al pagamento del debito. Ha per caso dimostrato che questo non è possibile? NO, infatti è possibile.
Lo Stato eroga servizi ai cittadini, i cittadini devono pagare i servizi. Questo avviene con le TASSE, parola sconosciuta a chi fa disinformazione sul signoraggio. Lo Stato si fa pagare tramite i vari moduli 730, Unico, 770, etc. Oppure incarica delle ditte in caso di inadempienze.

Una cosa è certa: se la moneta fosse stampata dallo stato e se tutti fossero certi che lo stato stamperà moneta, qualora fosse necessario per il bene comune, nessuno penserebbe di privatizzare compiti e funzioni che sono tipicamente statali, cioè quei compiti e quelle funzioni che implicano la gestione del bene comune.
Non è attraverso la stampa della moneta che si deve perseguire il bene comune, nel senso di adempiere alle funzioni economiche ed assistenziali di uno Stato. La moneta va stampata con fini anticiclici, per contrastare l'inflazione, insomma con gli obiettivi di politica monetaria.
Lo Stato deve garantirsi la quadratura del bilancio facendosi pagare i servizi dai cittadini e al contempo facendo in modo che questi servizi non abbiano dei prezzi inaccettabili perché gonfiati da voci di costo quali la corruzione.


E veniamo al signoraggio secondario. Tale signoraggio è il reddito che viene conseguito da una banca commerciale, tipicamente quando presta della moneta. Chiariamo questa possibilità con un esempio. Il cliente A deposita 20mila euro presso la banca. Ora nella banca risultano depositati 20mila euro.
Innanzitutto le banche commerciali non hanno come unica fonte di reddito il prestito, ma anche e spesso soprattutto le gestioni patrimoniali, di fondi etc.
Proseguiamo la lettura non senza qualche patema d'animo viste le sciocchezze lette sin'ora.

Il cliente B entra in banca e chiede un prestito. La banca valuta i propri depositi (olte alle garanzie offerte dal cliente B) e concede un prestito di 16mila euro. Il cliente B, ottenuto il prestito, spende il denaro con un cliente C, il quale, incassati i 16mila, li deposita in banca. Ora nella banca risultano depositati 36mila euro. I depositi sono cresciuti di 16mila euro, grazie al prestito effettuato dalla banca. Questa modalità di creare moneta (con l’ausilio di moneta depositata da altri) è detta signoraggio secondario, il quale consiste nel reddito da interessi su denaro creato dal nulla.
E qui casca l'asino. Passali si dimentica che non esiste un'unica banca sulla faccia della terra, e tanto meno il cliente C è obbligato a ridepositare i soldi iin una banca, e tanto meno nella stessa banca.
Vediamo cosa succede, supponendo di avere una riserva obbligatoria del 2%.
Quando la banca riceve il deposito di 20'000 euro di A è autorizzata a prestarne il 98%.
Quando la banca presta i 16'000 a B, potrà da quel momento prestare altri 20000*0.98 - 16000.
Quando la banca (sempre se è così fortunata che C ridepositi i soldi presso di lei) riceve i 16000 euro, è come se fosse un nuovo deposito che non c'entra nulla col precedente. Potrà a questo punto prestare:
(20000*0.98 - 16000) + 16000*0.98 =
20000*0.98 - 16000*0.02
che è meno di quanto poteva prestare prima, ossia è meno di 20000*0.98
Quindi la disponibilità a prestare, anche in questo fortunato caso, non è affatto aumentata, ma diminuita!
E' vero che è stata creata moneta, nel senso LATO del termine, ossia è aumentato M1. Ma complessivamente, la banca:
ha un debito di 20000 euro con A, e un debito di 16000 euro con C per un importo totale di 36000 euro di DEBITO verso i correntisti.
Ha un credito di 16000 euro con B, e una capacità di effettuare nuovi prestiti diminuita. Questi sono fatti.


Quali sono i punti deboli di questi processi monetari? Perché non può funzionare un sistema in cui si paga un debito passato con un debito sempre crescente, da pagare in futuro? Se ha funzionato fino a oggi, perché non può continuare a funzionare?
Certo da uno che non distingue vendita da investimento, non sa leggere un bilancio, e non sa farsi due conti sulla riserva frazionaria, sembra strano sentirsi spiegare quali siano i punti deboli di questi processi di cui ha capito poco o perlomeno finge di farlo.
Chi l'ha detto che si paga un debito passato con un debito sempre crescente? Lui. Quindi ora è diventato attendibile per caso? Lo sta dimostrando? Lo sta argomentando? No, semplicemente, da buon signoraggista, ha preso il volo!

Anzitutto occorre rispondere che il sistema non funziona. Se la crescita economica impetuosa di un paese, sostenuta da un eccesso di liquidità, può temporaneamente nascondere il problema, questo in ogni caso non tarda a manifestarsi nei suoi tre elementi tipici: stagnazione economica a causa di una rarefazione monetaria (la moneta viene spostata nei mercati finanziari), disoccupazione crescente, aumento della differenza di benessere economico e sociale tra i pochi molto benestanti e la gran parte della popolazione. E siamo alla recessione. Un continuo alternarsi di bolle speculative e crisi recessive, questo sembra essere il nostro destino.
Sciocchezze. Non c'è alcun problema da nascondere, e tanto meno lui ha evidenziato alcun problema reale (che tra l'altro ci sarebbero pure, ma non riguardano il signoraggio).
La stagnazione economica non avviene per rarefazione monetaria, ma al più quando manca il credito, o quando viene a mancare la fiducia dei consumatori, ad esempio perché perdono posti di lavoro.
Le bolle speculative nascono, è vero, ma per colpa della speculazione finanziaria, attuata in modo aggressivo e spregiudicato, non del signoraggio!
Insomma sta facendo un minestrone senza ne' capo ne' coda


Ma vediamo meglio le cause per cui tale sistema non può funzionare. Le cause principali sono due. La prima si fonda sulla presunta efficienza del mercato. Tale presupposto è puramente ipotetico, nella realtà il mercato economico è denso di punti di inefficienza, che dipendono dalle peculiarità del territorio locale. In tali contesti, la rarefazione monetaria e la difficoltà a far circolare la moneta può provocare più facilmente il collasso del sistema economico.
Quale sarebbe il presupposto dell'efficienza del mercato? Ad ogni modo ogni BCN emette moneta nel proprio Stato, non è che (per esempio) il denaro sia emesso tutto in Spagna. Non si capisce quindi cosa c'entri la peculiarità del territorio locale.
La rarefazione monetaria non è un problema, visto che è proprio compito della BCE evitare che la liquidità sia troppa o troppo poca.

La seconda causa è la tipica confusione di questi tempi, quella per cui gli interventi a sostegno della liquidità di Bernanke (Fed) e Trichet (Bce) risultano inutili e risulteranno dannosi. La confusione è tra liquidità e moneta. Le Banche Centrali hanno stampato moneta per fornire liquidità, preparando così le condizioni ideali per la famosa “trappola della liquidità”. Infatti le stesse Banche Centrali contano di ritirare la liquidità fornita in eccesso con opportune manovre sui tassi e interventi sul mercato aperto. Ma non si rendono conto (o fanno finta di non sapere, non so cosa sia peggio) che non hanno alcun mezzo per impedire alla liquidità di ridiventare moneta nel momento meno opportuno, preparando così le condizioni per una iperinflazione distruttiva.
Sull'eccessivo interventismo della FED per pompare liquidità sono d'accordo, ma i danni non li ha fatti Bernanke, ma Greenspan, anche se all'epoca era ritenuto dai più il guru incontestabile della politica monetaria, quasi un dio della moneta. Ce ne siamo dimenticati? ora tutti giustamente a dargli addosso.
In sostanza le banche centrali non dovrebbero sconfinare in un eccessivo interventismo (specie nel senso di iniettare liquidità) per risolvere problemi di economia. Su questo posso concordare, ma non mi pareva che in questo articolo c'entri molto.

Proprio in questo sta la qualità distruttiva della moderna definizione di signoraggio. L’antico signoraggio creava moneta, cioè una vera ricchezza, che si manifestava nella circolazione della stessa moneta. Lo dice una bellissima frase del volume “Fine della finanza” (Amato-Fantacci, Donzelli Editore, pag. 216). “Nella misura in cui consente alla moneta di circolare, ciò che questo signoraggio realizza è un guadagno pubblico a cui non corrisponde la perdita privata di nessuno”.
Follia. L'antico signoraggio non creava ricchezza, convertiva metallo in moneta, prendendosene una fetta (appunto il signoraggio). Questa era a tutti gli effetti una tassa all'atto della conversione del metallo in moneta, e se una tassa non è una perdita privata fate voi..


Con il moderno signoraggio, non solo non viene riconosciuto il “guadagno pubblico”, ma addirittura la moneta prodotta viene addebitata, impegnando così il futuro (possibile) sviluppo. Infatti, il concetto di liquidità, a ben pensarci, è l’esatto contrario di quello di moneta. La moneta, per essere veramente tale, deve circolare effettivamente. Al contrario, il concetto di liquidità, implica uno strumento che ha la potenzialità di potersi trasformare in qualsiasi merce o altro strumento finanziario. Ciò che è liquido, per definzione “è pronto per”, quindi è in una posizione di eterna attesa. È statico. Non circola. Moneta e liquidità sono l’una l’opposto dell’altra.
Tutto sbagliato, mente sapendo di mentire. Il reddito da signoraggio è tutt'ora redistribuito agli stati membri, e la moneta non viene addebitata, tipica espressione (idiota) signoraggista, ma emessa per acquistare debiti esistenti.
Quindi la presenza di questa nuova moneta, dato che non aumenta i debiti esistenti, ne facilita il pagamento, non di certo lo rende più difficoltoso.
L'affermare che ciò che è liquido è statico, poi, a parte che anche come terminologia è totalmente inadatta (avete mai provato ad afferrare un liquido?), è anche del tutto falsa.
Cosa è più facile da far circolare, un titolo di Stato da 1000 euro o 1000 euro in banconote da 10? Provate ad andare a comprare 1 kg di pane e 1 litro di latte con un BOT in mano..

La confusione in questa materia è tale che la vediamo riproposta proprio in questi giorni. Venerdì abbiamo avuto una caduta delle borse per il diffondersi di voci sul possibile default dell’Ungheria. I giorni successivi tutti abbiamo visto in televisione servizi dall’Ungheria in cui cittadini ungheresi testimoniavano il fatto che di questa crisi non vedono alcuna traccia.
Cosa c'entri un rumor nella finanza con il signoraggio è assolutamente incomprensibile, ma si sa, quando si tratta di confondere le acque, vale tutto.
Ecco infatti che torna sul concetto della liquidità:

Moneta e liquidità vengono confuse continuamente, come se fossero la stessa cosa, solo per il fatto che entrambe si chiamano euro. Eppure, proprio questa confusione potrà generare il disastro: il crollo dello stato e del sistema bancario, a causa di insormontabili difficoltà finanziarie, difficoltà di liquidità, non dell’economia reale.
Ormai è un delirio incomprensibile. La moneta sono M0, M1, M2, M3. La liquidità è solo M0. Ma cosa caspita c'entra questo con il crollo dello Stato (ammesso che vi sia)?
Secondo Passali ci sono problemi di liquidità, non di economia reale.
Questa è una sciocchezza enorme. Quando si perdono posti di lavoro, perché alle aziende mancano le commesse, non è perchè c'è un problema di liquidità. E' l'economia che non va.
La causa del problema può essere stata l'esplosione di una bolla speculativa, perché le banche commerciali ad esempio hanno fatto un credito su immobili sopravvalutandoli del 100%.
La quantità di moneta che emettono le banche centrali è irrilevante in tal senso. Stessa cosa accadde per la bolla dell'hi-tech.
Non è un problema di banca centrale, è un problema di uso spericolato di strumenti finanziari molto rischiosi. E' su quello che bisognerebbe vigilare, e magari imporre dei limiti e tasse più alte.

Ma moneta e liquidità stanno sullo stesso supporto, stanno sulla stessa convenzione, stanno sulla stessa moneta: l’euro. Questa è la grande ambiguità non risolta; o meglio, già risolta in partenza, perché tutti gli elementi di potenza sono a favore della liquidità, contro la moneta come strumento di circolazione dei beni. E questa ambiguità trova la sua forza nel principio fondante il nichilismo moderno, quello che definisce la proprietà privata come il potere personale di fare dei miei beni ciò che mi pare e piace.
Secondo me questa frase non l'ha capita neanche lui che l'ha scritta e sfido chiunque a trovarne un senso compiuto. Più che affermare qualcosa sembra una supercazzola in versione economista.

Vi risparmio il resto, è tutto un delirio sul nichilismo moderno, sulla dottrina sociale della Chiesa, sulla religione e sulla fede, per poi concludere:

Ora che abbiamo analizzato la questione del signoraggio
A dire il vero sono state dette davvero tante sciocchezze, tante che mi sorprende di essere arrivato sin qui senza vomitare.
Buon complottismo a tutti!