sabato 22 maggio 2010

Sulle operazioni della BCE

Voglio fare un po' di chiarezza su alcuni apetti delle operazioni che fa la BCE nel perseguimento dei suoi obiettivi di politica monetaria.
Prendendo il rapporto annuale 2009 a pagina 109 troviamo:







LE ATTIVITÀ IDONEE PER LE OPERAZIONI DI POLITICA MONETARIA

Come previsto dallo Statuto del SEBC e in linea con la prassi delle banche centrali a livello mondiale, tutte le operazioni di credito dell’Eurosistema sono basate su adeguate garanzie. Il concetto di adeguatezza implica, in primo luogo, che l’Eurosistema sia in larga misura tutelato contro il rischio di perdite nelle sue operazioni di credito e, in secondo luogo, che sufficienti garanzie debbano essere disponibili per un ampio novero di controparti, affinché l’Eurosistema possa fornire l’importo di liquidità che ritiene necessario nelle sue operazioni di politica monetaria e come credito infragiornaliero nelle operazioni connesse ai sistemi di pagamento. Per facilitare tutto ciò, l’Eurosistema accetta in garanzia una vasta gamma di attività in tutte le sue operazioni di credito. Questa caratteristica del sistema di garanzie dell’Eurosistema, insieme al fatto che l’accesso alle operazioni di mercato aperto è concesso a un ampio gruppo di controparti, è stata fondamentale nel fornire sostegno alla conduzione della politica monetaria in periodi di tensione.
Ossia la BCE non acquista solo titoli di Stato. Fa credito anche accettando altri tipi di attività come garanzia. Sfatiamo quindi un mito che circola in molti ambienti.
Proseguendo, leggiamo:

Il debito delle amministrazioni pubbliche, pari a 5.500 miliardi di euro, ha rappresentato il 40 per cento del totale, mentre il resto delle attività negoziabili è stato rappresentato da obbligazioni bancarie non garantite (2.800 miliardi di euro ossia il 20 per cento), obbligazioni bancarie garantite (1.400 miliardi di euro ossia l’11 per cento), titoli garantiti da attività (1.300 miliardi di ossia il 10 per cento), obbligazioni societarie (1.300 miliardi di euro ossia il 10 per cento) e altre obbligazioni (500 miliardi di euro ossia il 4 per cento) come quelle emesse da organizzazioni sovranazionali.
Quindi l'emissione di moneta ha è stata fatta solo per il 40% comprando titoli di Stato. Il restante 60% è stato emesso comprando obbligazioni bancarie e di altre società e organizzazioni internazionali.


LA GESTIONE DELLE RISERVE UFFICIALI

Il portafoglio di riserve uffi ciali della BCE è stato originariamente costituito tramite
trasferimenti di riserve in valuta delle BCN dell’area dell’euro. Nel tempo, la composizione
del portafoglio riflette le variazioni del valore di mercato degli investimenti, nonché le operazioni della BCE in valute e in oro. Lo scopo principale delle riserve ufficiali della BCE è di assicurare che, ogniqualvolta necessario, l’Eurosistema disponga di un sufficiente ammontare di risorse liquide per effettuare operazioni sul mercato dei cambi in valute di paesi non appartenenti all’UE. Gli obiettivi per la gestione delle riserve valutarie della BCE sono, in ordine di importanza, la liquidità, la sicurezza e il rendimento.
Dunque la BCE opera anche nei mercati valutari, come è ovvio, e ha anche una riserva di oro.

ad esempio, proseguendo, si legge:

Nel 2009 la BCE ha venduto un totale di 35,5 tonnellate di oro. I proventi totali delle
vendite di oro sono andati a integrare il portafoglio in dollari statunitensi. Tali vendite
erano in piena conformità con il Central Bank Gold Agreement (accordo sull’oro fra le banche
centrali), annunciato l’8 marzo 2004, di cui la BCE è firmataria e che è stato rinnovato il
7 agosto 2009.


Ad ulteriore riprova del fatto che una buona parte della moneta in circolazione è garantita anche da oro, ossia non tutte le contropartite sono date da titoli di stato e obbligazioni, a pagina 222 leggiamo:

NOTE ALLO STATO PATRIMONIALE

1 ORO E CREDITI IN ORO
Al 31 dicembre 2009 la BCE detiene 16.122.146 once di oro fino (17.156.546 nel 2008).
[Corrispondenti a 501,5 tonnellate.]

Questo dimostra che la BCE oltre ai titoli compra e vende (e possiede) anche oro.

Se consideriamo inoltre a pag.212 che il totale titoli detenuti ai fini della politica monetaria
è pari a 2.181.842.083 (due miliardi e centoottanta milioni ) a fronte di 64.513.307.300 (64 miliardi circa) di banconote circolanti, vediamo come la banca centrale abbia solo una piccola parte di banconote coperte, come contropartita, da debito pubblico.
(Si noti che il bilancio che stiamo esaminando è solo quello della banca centrale, non delle BCN)

Penso quindi che questi dati oggettivi costituiscano una piena smentita della tesi che ad ogni banconota in circolazione corrisponde una equivalente quota di debito pubblico, visto che non tutte le banconote sono emesse in cambio di titoli di Stato, ma solo il 40%.
Questo, unito al fatto che solo una piccola parte del debito pubblico è in mano alla BCE, mentre la restante parte è in mano a privati, è una ulteriore conferma del fatto che nulla impedisce ai governi di ridurre e di molto il proprio debito senza causare alla BCE dei problemi di reperimento di titoli da utilizzare come controparte per l'emissione della moneta.
Questo smentisce quindi anche la diffusa convinzione che la moneta in circolazione sia tutta "a debito" ossia che sia interamente emessa acquistando titoli di debito.
Invito chiunque abbia prove oggettive del contrario di postare qui i link a documenti ufficiali che provino il contrario.

mercoledì 19 maggio 2010

La moneta dal nulla, tra signoraggio e truffa legalizzata ?


Mi è stato segnalato un nuovo articolo di Alberto Conti sul signoraggio, che a quanto pare sembra riscuotere un discreto successo in certi ambienti (complottisti).
Spero fare cosa gradita nel leggerlo e commentarlo per quanti non abbiano ben chiare le idee sull'argomento e quindi magari sono rimasti perplessi nel leggerlo, se hanno avuto la (s)fortuna di imbattervisi.



La moneta dal nulla, tra signoraggio e truffa legalizzata

Mentre attendiamo di vivere da protagonisti le sciagure di un terremoto finanziario-monetario globale, probabilmente aggiungendoci alla lista degli epicentri che anticipano il botto finale, si moltiplicano le diatribe sull’interpretazione qualitativa e quantitativa di uno degli aspetti genomici della nostra moneta, sospettato di essere concausa del cancro che la divora, il signoraggio bancario.
Innanzitutto, parlando della crisi, la situazione italiana non è paragonabile a quella della Grecia e non è assolutamente detto che noi (come Italia) possiamo diventare uno dei prossimi obiettivi della speculazione. Io la vedo più come un incentivo a migliorare il debito pubblico, ossia questa situazione alla fine potrebbe addirittura tornare utile.
Le diatribe ragionevoli circa le cause di questa crisi vertono sul cercare gli sprechi e le inefficienze dei governi, che hanno causato i debiti pubblici, e sull'uso molto spericolato che la finanza ha fatto di alcuni strumenti di investimento, causando bolle speculative all'origine della crisi.
Anche autorevoli economisti spesso citati dagli stessi signoraggisti, come Werner concordano nell'attribuire a tale finanza creativa le cause della crisi.
Citando proprio Werner ad esempio, nel paragrafo "Come evitare le bolle e le crisi finanziarie" afferma:
"il credito bancario non deve mai essere dato a coloro che lo utilizzano per le operazioni non-PIL. Questo significa soprattutto gli speculatori finanziari."
Nessun economista attribuisce invece al signoraggio bancario l'essere la causa di questa crisi.


Perciò vorrei chiarire una volta per tutte almeno due punti cardine della questione, che non è fondata solo su fatti accertabili in modo più o meno comprovato oltre ogni ragionevole dubbio, ma ha un suo solidissimo fondamento logico di ben più elevata inconfutabilità, come il paradigma della geometria euclidea per i costruttori edili.
La promessa è invitante, ossia dimostrare qualcosa con fatti inconfutabili e logici. Ciò che personalmente preferisco. Sarà però davvero all'altezza di farlo? vediamo..


Primo punto la costruzione e la gestione della cartamoneta, delle banconote che tutti utilizzano e credono di conoscere. Tralascio tutte le interessanti peculiarità tecniche sull’argomento, dando invece per scontato che si sappia che esse rappresentano circa il 5% del denaro “circolante”, secondo il gergo bancario, e che vengono emesse in esclusiva dalla BCE pro-quota fissa dei suoi azionisti, le Banche centrali dei paesi fondatori dell’euro, dopo essersene trattenuto l’8% del totale.
I fatti non stanno propriamente così. L'8% a cui fa riferimento l'articolo non è una "trattenuta" della BCE nei confronti delle banche centrali, bensì la quota di denaro che spetta alla BCE (intesa come sede centrale della SEBC) emettere.
Ma questo è da intendersi come un onere e non come un privilegio. Infatti, i profitti della BCE sono interamente distribuiti alle BCN (banche nazionali), come si evince dallo Statuto BCE, art.33 pagina 10:

Ripartizione dei profitti e delle perdite netti della BCE

33.1. Il profitto netto della BCE deve essere trasferito nell'ordine seguente:
a) un importo stabilito dal Consiglio direttivo, che non può superare il 20% del profitto netto, viene trasferito al fondo di riserva
generale entro un limite pari al 100% del capitale;
b) il rimanente profitto netto viene distribuito ai detentori di quote della BCE in proporzione alle quote sottoscritte.

Quindi al più la BCE può trasferire un 20% dei profitti al fondo di riserva. Un fondo di riserva, per intenderci, non è qualcosa che un banchiere può usare per comprarsi un appartamento. E' di proprietà della BCE, non dei singoli.
Il fatto che alla BCE non competa neanche un euro di profitti, ma che questi siano distribuiti alle BCN lo si evince anche dallo schema di ripartizione dei profitti della BCE.
Quindi la favoletta che la BCE si trattiene l'8% delle banconote è completamente campata in aria.

Alla nostra Banca d’Italia compete così un volume di emissione attorno ai dieci miliardi di euri l’anno (più o meno un ottavo della torta), come comprovato dalla pubblicazione dei suoi bilanci alla voce “banconote in circolazione” nello Stato Patrimoniale, che di anno in anno cresce appunto di tale ordine di grandezza.
Non è assolutamente detto che le banconote emesse dalla BCE siano all'incirca uguali ogni anno. L'emissione può addirittura essere negativa, ossia si può avere la necessità di un assorbimento di denaro se la situazione economica lo richiede. E poi, l'emissione non è un privilegio utilizzabile a fini di lucro per la BCE. E' solo uno strumento, insieme ad altri, per assolvere alle proprie funzioni.



Ma qual è la “logica” d’emissione di queste banconote nel circuito economico? Non c’è discussione alcuna sul fatto che non siano più “note di banco”, ricevute di un pari controvalore depositato in custodia presso l’emittente, quindi nascono semplicemente come carta stampata, che nonostante un pregio tecnologico congruo all’uso successivo ha un costo di produzione di pochi centesimi, irrisorio rispetto al valore che rappresenta, stampato in bella evidenza per facilitare l’utente, dai 5 ai 500 euri a seconda dei tagli.
Verissimo, le banconote sono carta il cui unico controvalore è quello dei titoli ricevuti in cambio al momento dell'emissione. Non c'è una "riserva aurea" che le copre, ma proprio i titoli ricevuti in cambio. D'altronde se una banca centrale, per emettere banconote, dovesse prima acquistare dell'oro da mettere a riserva per quelle banconote, cadrebbe in un paradosso di non poter comprare quell'oro proprio perché se avesse il denaro per comprarlo non avrebbe bisogno di comprarlo. Insomma l'alternativa al modo attuale di procedere appare ridicola.


l termine “emissione” della banconota si riferisce al varo di questo esile ma robusto vascello, destinato a “circolare” senza limiti di tempo e spazio, senza scadenza, nel mare magnum dell’economia fisica, quella vera delle persone che producono e consumano ricchezze. Si sa che passando di mano in mano, non sempre mani attente alla sua miglior conservazione, si usurano fino a diventare indegne del loro nobile compito. In tal caso tramite circuito bancario rientrano alla BC che provvede alla loro sostituzione gratuita con pezzi equivalenti freschi di stampa, che ovviamente non entrano nel conteggio di quella decina di miliardi di nuova emissione.
Esatto, la sostituzione delle banconote usurate con quelle nuove non è considerata emissione. Non cambia lo stato complessivo della moneta circolante, e tanto meno lo stato patrimoniale della BCN che la effettua. Però non è un argomento particolarmente interessante a dire il vero.

Questo non per tediare il lettore con dettagli tecnici superflui, ma per sottolineare l’eternità giuridica del valore facciale della banconota, che è il punto cruciale dell’ipotesi di signoraggio integrale, ovvero di lucro dell’emittente pari all’importo stampato sulla banconota emessa.
E qui casca l'asino. Quando i titoli acquistati all'atto dell'emissione arrivano a scadenza, le banconote devono tornare indietro. Quindi non sono emesse "per l'eternità giuridica", nulla affatto!
Ecco spiegato la noiosa precisazione precedente, era tesa a dimostrare che le banconote rimangono sempre in circolazione, anche se si usurano, perché vengono sostituite.
Era questa la scientificità e l'inconfutabilità di cui si cianciava all'inizio dell'articolo? Ossia secondo l'autore, il fatto che la banca sostituisca le banconote usurate è sufficiente a dimostrare che queste sono emesse "per sempre"?
Non ha considerato che i titoli scadono? e che lo Stato deve pagare il valore nominale del titolo in scadenza? come crede che pagherà lo Stato? in noccioline?
Questo dimostra ampiamente che l'emissione delle banconote non è affatto "permanente" ossia "per l'eternità", anzi! E' soggetta a continui riassorbimenti che avvengono in concomitanza di ogni scadenza dei titoli acquistati.

Di fatto l’emissione si configura come acquisto di merce tramite denaro in forma di banconota, il primo di una catena potenzialmente infinita di acquisti successivi di altrettanti possessori temporanei di tale oggetto mistico, la banconota. La merce acquistata dall’emittente è un titolo di debito pubblico, garantito dallo Stato, con tanto di scadenza e interessi.
L'autore di nuovo "dimentica" che il titolo è vero che è acquistato, ma proprio perché ha una scadenza, fa si che la catena non sia affatto infinita, e venga anzi troncata brutalmente proprio al momento della scadenza, che comporta la restituzione del denaro alla BCE.
Ancora, forse l'autore non conosce bene come funzionano i titoli di Stato, che non danno "interessi", ma al più "rendimenti", che dipendono dal prezzo di acquisto. Lo Stato invece alla scadenza restituisce sempre il valore nominale. Il frutto sta nella differenza tra valore nominale e valore di acquisto.


a liquidità sul mercato di tali titoli li rende equivalenti al denaro, tant’è che vengono conteggiati nella grande massa del “circolante” in senso esteso, all’estremo opposto della gamma rispetto alla banconota, la più “liquida” di tutti, in una scala di liquidità che va da M0 a M3, sempre nel gergo dei banchieri (tutto da ridiscutere, ma questa è un’altra storia). Quindi l’emissione della banconota da parte del suo creatore si configura come acquisto di denaro tramite denaro, ovvero un riciclo di denaro di un tipo, esente da interesse, in denaro di un altro tipo, gravato d’interesse a carico del contribuente.
Ancora insistendo nell'errore di chiamare interesse ciò che interesse non è, infatti non si tratta di un prestito (la BCE non presta soldi a nessuno), ma di un acquisto.
Inoltre, quando uno Stato emette un titolo di debito, lo fa vendendolo in un'asta pubblica, a cui la BCE non può partecipare (a parte l'eccezione recente Greca). Il fatto che dovrà pagare dei rendimenti a chi gli compra i titoli, non è certo una colpa da attribuire alla BCE, che tra l'altro detiene solo una piccola quantità del debito pubblico degli Stati.
Se poi la BCE, per emettere moneta, acquista sul mercato dei titoli (ma non all'asta), lo Stato che danno ne subisce? nessuno. I suoi debiti rimangono gli stessi, per lo Stato non cambia nulla il fatto di dover restituire il valore nominale dei titoli alla BCE anziché a qualcun'altro.

Ma il grosso di questo signoraggio immediato non è l’interesse, come vorrebbero far credere i banchieri che pure lo ammettono, ma l’appropriazione di ricchezza pari al valore facciale, come affermano i cosiddetti “signoraggisti”, così chiamati in senso dispregiativo dai “negazionisti”.
E qui siamo arrivati al solito delirio di "BCE che si appropria della ricchezza pari al valore facciale". Senza peraltro alcuna argomentazione valida, diversamente da come annunciato nelle premesse.
Non si capisce questa appropriazione in cosa consista. Quei soldi sono usati per comprare dei titoli. Poi lo Stato, alla scadenza, restituisce quei soldi alla BCE, che li usa eventualmente per nuove emissioni.
E' ovvio che il profitto per la BCE sta nella differenza tra prezzo di acquisto dei titoli e valore nominale, profitto che abbiamo già visto essere distribuito alle BCN.


Che l’appropriazione indebita coincida con l’emissione è un fatto evidente di per sé, non può essere diversamente per quanti tecnicismi si vogliano frapporre per giustificarne il contrario. Uno però vale la pena ricordarlo, per la ricorrenza e l’ambiguità con le quali viene brandito dai negazionisti: l’emittente non scambia definitivamente la sua cartamoneta fresca di stampa con titoli di Stato, ma semplicemente la presta, come fosse un automobile che la Hertz consegna ai suoi clienti. La Hertz però non ha un parco di autovetture che cresce di numero perpetuamente di dieci miliardi l’anno.
L'autore si contraddice due volte nella stessa frase. Se parla di appropriazione indebita dell'intero valore nominale dei titoli comprati, perché parla di prestito? Parlando di prestito implicitamente ammette che i soldi vengano restituiti alla BCE. Addirittura propone di scambiare definitivamente con titoli di Stato. Ma che senso avrebbe? equivarrebbe a regalare quei soldi. Quindi la BCE non sarebbe più in grado di riassorbirli, e lo Stato vedrebbe diminuito il proprio debito in modo gratuito.
Sebbene possa ad una lettura superficiale apparire una cosa positiva, questo equivarrebbe ad emettere denaro regalandolo allo Stato. Quale valore avrebbe una moneta emessa in questo modo?
Supponete di essere un emiro arabo che deve vendere il petrolio all'Italia. Pensate che accetterebbe denaro "stampato al momento" gratis? Nessuno al mondo accetterebbe un pagamento in una valuta siffatta. Perché stampando non si crea valore. Il valore del denaro emesso dalla BCE è proprio garantito dai titoli che sono comprati con esso.
La BCE non si arricchisce con quell'acquisto, e tanto meno lo Stato si impoverisce, visto che il debito dello Stato non aumenta quando la BCE ne acquista un titolo.
Conti sembra essere disposto a sostenere tutto ed il contrario di tutto pur di dimostrare la sua tesi, ossia che il denaro dovrebbe essere stampato gratis. Certo, se lo dicesse in questi termini, farebbe ridere i polli, ecco perché cerca di confondere le acque con mille affermazioni false e insinuazioni varie.


Se poi pensiamo ai biglietti verdi stampati dalla FED negli ultimi 50 anni, all’interno di un analogo paradigma fondativo, si capisce tutta la monumentale bugia che sta dietro questa teoria del prestito. Un prestito non è “per sempre”, altrimenti si chiama regalo, a fondo perduto. Che è esattamente ciò che fa l’utente della banconota, rappresentato dallo Stato, nel momento in cui avviene l’emissione.
Un prestito non è per sempre, ovvio. Infatti le banconote non sono prestate. Servono a COMPRARE titoli di Stato. E tuttavia proprio per questo alla scadenza dei titoli di Stato, queste sono riassorbite. Poi sono eventualmente riemesse in cambio di altri titoli di Stato.
Quindi non è per nulla calzante l'esempio dello Stato con la banconota. Infatti non è lo Stato ad emettere la banconota, ma la BCE, e non la emette "per sempre", ma temporaneamente, acquistando un titolo di Stato (non prestandola).
Insomma il sig. Conti persiste nel ripetere gli stessi errori nella speranza che alla fine le bugie diventino vere.. mi ricorda un periodo piuttosto buio della storia italiana.

La legge stessa lo comprova, la banconota non è più “esigibile”, guai a chi volesse riconsegnarla alla BC pretendendo pari controvalore di altra natura in cambio.
Dato che in Europa vige il corso forzoso, chiunque volesse un controvalore in cambio di Euro, non avrebbe che da recarsi in un qualsiasi negozio (es. un oreficeria) a comprare ciò che vuole.
Cosa si pretende dalla BCE? fare le veci di un negozio?
Visto che le banconote sono la merce più scambiabile, non si vede perché uno dovrebbe andare in BCE a farsela cambiare. Con cosa poi?? Siamo al ridicolo se ci si riflette, tipo:
Si presenta la signora Pina con 100 euro alla BCE,
-- Ding-Dong (suona il campanello)
-- Chi siete?
-- sono la signora Pina
-- Quanti siete?
-- uno
-- cosa volete?
-- ho qui 100 euro, vorrei scambiarli con 5 Kg di prosciutto cotto


Ora il problema non è tanto negare il “fatto”, quanto giudicare se sia doloso, se il lucro gratuito dell’emittente sia o no devoluto alla comunità degli utenti, ad esempio allo Stato. La BC conserva a titolo di garanzia del sistema euro un pari controvalore di tutto il circolante in banconote accumulato negli anni? Certamente NO!
Ovviamente la BCE non conserva a titolo di garanzia un pari controvalore di tutto il circolante accumulato negli anni. Semplicemente, possiede a titolo di garanzia, il controvalore del circolante corrente.
D'altronde i titoli di Stato comprati 10 anni fa e scaduti 9 anni fa sono stati restituiti allo Stato alla scadenza, e in quel momento lo Stato ha pagato il loro valore nominale, che è quindi "tornato alla fonte". Non ha senso parlare quindi di "controvalore accumulato".
Il controvalore (titoli di Stato) è restituito allo Stato ogni volta che scade, ossia numerose volte all'anno.

La BC versa allo Stato un pari controvalore delle banconote emesse? Certamente NO!
La BC siamo noi, cioè la BC rappresenta un alter ego dello Stato? NI.
Sta rigirando completamente la frittata. La BCE emette denaro, comprando titoli. I titoli si trovano sul mercato e sono già stati emessi dallo Stato. Quindi ne' lo Stato versa nulla alla BCE e ne' viceversa. Ovviamente però, come con tutti i titoli, lo Stato è tenuto a pagarne il valore nominale alla scadenza.
La BC rappresenta noi? certo, è l'organismo che lo Stato ha delegato per la politica monetaria, così come i giudici sono i delegati alla giustizia, i maestri di scuola i delegati ad insegnare ai bambini e gli arbitri i delegati ad arbitrare le partite di pallone. Ad ognuno i suoi compiti.



Perfino in Italia, dove l’azionariato di Banca d’Italia è al 95% costituito da banche e assicurazioni private, controllori e controllate al contempo, la giurisprudenza definisce la BC come Istituto di Diritto Pubblico.
La banca d'Italia è una società di diritto pubblico e pertanto non ha azionisti ma partecipanti.
Il resto sono solo chiacchere.

Però i conti del Tesoro sono ben separati da quelli delle BC e del sistema bancario che esse esprimono, anche negli altri paesi dell’euro. E mentre il debito pubblico ingigantisce, il credito privato dei grandi proprietari fa altrettanto e ancor di più, per cifre ovviamente ben superiori alle banconote emesse, ma ci deve comunque essere una qualche relazione.
Il debito pubblico sale o scende in base al fatto che ogni anno c'è un deficit oppure no. L'emissione del denaro della BCE è effettuata acquistando dal mercato titoli di stato in circolazione. La quantità acquistata dipende da scelte di politica monetaria ossia di quale sia il livello di liquidità appropriato in quel momento.
Facendo un paragone, è come se a monte ci fosse un fiume (il debito pubblico) e a valle una donzelletta che riempie una brocca (la BCE che compra una parte dei titoli di Stato).
Che relazione c'è tra la portata del fiume (il debito pubblico) e il volume della brocca? nessuno.
Eppure per il sig.Conte ci deve essere per forza. Su quali basi? nessuna. E meno male che il ragionamento doveva essere inconfutabile e basato su fondamenta solidissime! Di fondamenta per ora non ce n'è neanche l'ombra, di sciocchezze invece ce ne sono parecchie, anche più di una per ogni frase.

Anche se il debito pubblico complessivo è molto superiore, è fuor di dubbio che ad ogni banconota in circolazione, priva d’interesse, corrisponde pari frazione di debito pubblico gravato d’interesse.
E non si capisce proprio perché le banconote necessarie alla vita economica di tutti, forzosamente imposte dallo Stato come mezzo di pagamento, anziché essere nostre ce le dobbiamo far prestare da estranei, in base a trattati distrattamente ratificati dai parlamenti nazionali nonostante il parere contrario della popolazione, come dimostrano le pochissime volte che la materia è stata indirettamente oggetto di referendum (mai in Italia).
Di nuovo, lo Stato non chiede soldi in prestito alla BCE. Li chiede al mercato, e in particolare a chiunque voglia comprare i suoi titoli. La BCE compra solo una parte dei titoli, ma non direttamente dallo Stato, ma dal mercato a sua volta.
L'alternativa dello Stato a chiedere soldi in prestito sarebbe quella di stamparli gratis.
Ma siamo di nuovo al punto di partenza. Chi vorrebbe soldi da uno Stato che li stampa come se fossero figurine?


Ma tant’è, questo paradosso del prestito delle banconote fa parte del sistema, così oltre al danno ci procura anche la beffa dei negazionisti del signoraggio, convinti nonostante l’evidenza dei numeri a bilancio che le banconote “prestate” tornino quasi tutte da mamma BC.
Ora le banconote sono di nuovo "prestate" e tornano tutte da mamma BC. Ma Conte non era quello che affermava, poche righe sopra, che le banconote erano emesse "per l'eternità"? Ah si, ma era PRIMA. Adesso invece non più, e non gli va bene lo stesso ovviamente. L'unico paradosso si avrebbe se uno Stato si mettesse a stampare soldi "gratis" e gli altri Stati accettassero tale valuta come strumento di pagamento. Quello si che sarebbe sorprendente, e stupido per chi accettasse una tale moneta.

E’ a dir poco avvilente che in questi drammatici frangenti, nell’attesa che ineluttabilmente il sistema monetario collassi dopo aver distrutto lo stesso tessuto economico lungamente parassitato, l’intelligenza individuale non riesca a livello di massa ad emanciparsi dalla fumosa confusione che avvolge i paradossi fondativi della moneta che ci portiamo in tasca, neppure nei casi più semplici, basilari. Non per niente i banchieri e i loro amici economisti descrivono M0 come “base monetaria”.
A dire il vero è avvilente che persone come Conte, che non hanno capito nulla dell'argomento, azzardino addirittura a scrivere articoli su di esso e una massa di pecore li segua in questi scempi della ragione.


Secondo punto la costruzione e la gestione del credito, ovvero il grosso della moneta in circolazione, sotto forma di annotazioni contabili.
Il Presidente di Banca Popolare di Milano ha pubblicamente spiegato perché hanno sottoscritto un prestito di Stato in forma di Tremonti-bond, che le grandi banche rifiutarono, visto il tasso d’interesse elevato (circa 8%). Motivo semplicissimo, con quei soldi ottenuti dallo Stato la banca erogava mutui per 15 volte tanto alla propria clientela, in un momento di scarsità del credito ai “piccoli”, così il costo di quel denaro è come se fosse stato 8/15 di punti percentuali, praticamente mezzo punto, nulla in confronto agli interessi attivi praticati alla clientela.
Sarei curioso di leggere il testo integrale di questa intervista. Se Conti è stato in grado di dire tutte le falsità che ha detto sull'emissione del denaro, non vedo perché non dovrebbe distorcere anche il contenuto di tale conversazione.
Nessun banchiere può, fronte di un prestito ricevuto, prestare 15 volte tanto, anzi, al massimo, proprio per il meccanismo della riserva obbligatoria al 2%, ne potrà prestare massimo il 98%.
A meno di non fare dei falsi in bilancio.

Questa verità sbandierata pubblicamente su una TV in chiaro, è la conseguenza degli accordi vigenti di Basilea 2, che fissano la riserva frazionaria obbligatoria tra il 2% e il 12% del prestito erogato.
Ecco, appunto, riserva frazionaria al 2% vuol dire che se hai 100 di deposito ne puoi prestare 98. Non che se hai 2 ne puoi prestare 100, anche perché non ce li hai!

Tramite riflusso bancario ed altri tecnicismi, questo implica la possibilità di erogare prestiti per 50 o 8 volte la liquidità (di altri clienti) posseduta (custodita) in quel momento. E’ un fatto sconvolgente, prestare a usura (pardon, a interesse) denaro inventato dal nulla, creato a costo zero solo perché un cliente ne ha assoluto bisogno.
La banca non crea denaro nel senso letterale del termine, presta una parte dei depositi. M0 (la base monetaria) rimane invariata, mentre M1 (che include i depositi) in questo caso aumenta, e questo tecnicamente significa che è creato denaro, ma si tratta pur sempre di un prestito.
Se una banca ha 100 non può mai prestare più di 98.

E questa dell’esempio è indubbiamente una delle banche più oneste e virtuose del sistema. In un paio di decenni tutte le onestissime banche commerciali (onestissime in confronto alle banche d’affari) si fanno gratis un capitale pari a tutti i loro mutui in essere, solo con gli interessi. Si capisce bene che se poi falliscono per inadempienza, detta volgarmente bancarotta, chissenefrega! Il malloppo è già al sicuro da un pezzo, nei paradisi della finanza globale. Rotta una banca privata se ne fa un’altra, e i cocci sono dello Stato.
Le banche fallite di recente non sono certo fallite per la riserva frazionaria, ma per l'uso spericolato di finanza creativa, e per aver concesso dei mutui senza opportune garanzie. Ossia perché hanno fatto un cattivo credito, e speculato con i soldi dei clienti.
Ma tutto questo col signoraggio non c'entra un benemerito.

sabato 15 maggio 2010

Sul valore della moneta

Introduzione

Cos'è la moneta? qualsiasi oggetto materiale o entità astratta che svolga le funzioni di:
  • Misura del valore (unità di conto, ossia mi permette di confrontare il valore di beni diversi)
  • mezzo di scambio (strumento di pagamento): attraverso la moneta posso acquistare dei beni)
  • fondo di valore (riserva di valore): posso mettere da parte della moneta, certo che nel futuro non perderà la sua capacità di acquisto, quindi mi serve per accumulare ricchezza
Qual'è il valore della moneta? E' il suo potere di acquisto. Ossia la quantità di merci/servizi che è in grado di acquistare.
Dato che con la moneta posso acquistare qualsiasi tipo di merce, questo fa della moneta stessa una merce, avente la caratteristica di poter essere facilmente scambiata, a differenza di tutte le altre.
Come si determina il prezzo di una merce? il mercato fa si che in base alla domanda e all'offerta di una merce, si stabilisca il suo valore.

Se la società produce un bene, ad esempio, le uova, e queste hanno un costo, se all'improvviso il numero di uova prodotte aumenta, e rimane invariata la richiesta (perché nessuno vuole aumentare la frequenza con cui mangia le uova, ad esempio), il risultato sarà senz'altro una drastica diminuzione del prezzo della uova.
Ma cosa succede se aumenta invece l'offerta di denaro? Accade la stessa cosa. Il suo valore subirà una diminuzione proporzionale.
Chiariamo il motivo di questo con un esempio.

Banchiere generoso

Supponiamo che in un isola ci siano 5 naufraghi.
Ognuno di loro produce qualcosa (frutta, carne, pesce, vestiti, utensili).
Tuttavia, non se la passano bene. Infatti, per le scarse risorse tecnologiche di cui dispongono, supponiamo non riescano a produrre questi beni a sufficienza per vivere bene. C'è scarsità di cibo, di vestiti, di tutto. E tuttavia hanno anche necessità di un mezzo di pagamento per poter operare i loro commerci, perché non si trovano a proprio agio col baratto.
In particolare il baratto non consente loro di accumulare del valore per poterlo spendere poi in momenti successivi.

Arrivo nell'isola del banchiere

Un giorno arriva sull'isola un nuovo naufrago, un banchiere. Porta con se un sacco di monete.
Iniziano ad usarle come mezzo di scambio. In particolare, il banchiere, per ringraziare i naufraghi dell'ospitalità e dei doni che gli fanno al suo arrivo, regala 100 monete a testa.

I cinque lo incaricano da quel momento di occuparsi lui del denaro.
Le cose però non vanno meglio.
Anzi, ora le bocche da sfamare sono 6 invece che 5. Il cibo scarseggia ancora di più. I 5 naufraghi che sanno produrre qualcosa pensano prima a sfamarsi, e quello che avanza, quando avanza, lo vendono a caro prezzo. Il banchiere è quello che se la passa peggio, perché non sapendo procurarsi da solo il cibo o null'altro, è costretto ad usare le proprie monete per sopravvivere, ma man mano gli stanno finendo, perché l'aumentare delle monete in circolazione fa lievitare ancora di più i prezzi!

Arriva sull'isola dello stolto

A questo punto arriva un sesto naufrago, che aveva visto dei video su youtube, ed era andato a certe "Fiere della verità" molto interessanti.
Si ricorda di un modo che aveva letto di risolvere la fame nel terzo mondo, di ricostruire L'Aquila, e tante altre belle cose. Ha con se un sacco di figurine dei calciatori, migliaia.

Propone di usare queste figurine come banconote, e ogni banconota vale 1000 monete.
In questo modo tutti diventeranno ricchissimi! Ne regala subito 200 a testa, perché è molto generoso.
Tutti contenti lo ringraziano, e iniziano ad usare le monete, le figurine.. ma si accorgono che i prezzi lievitano ancora di più e non riescono assolutamente a comprare nulla di più rispetto a prima, neanche una mela o una banana.
Anzi, il cibo scarseggia ancora di più essendo aumentate le bocche da sfamare.

Morale della favola

Gli ingenui naufraghi capiscono che distribuire più moneta o aumentare la carta in circolazione non è di alcun aiuto all'economia.

Si rimboccano le maniche e iniziano a trovare modi di rendere più produttive le proprie attività, ingegnandosi di più nella pesca, caccia etc.
Man mano la situazione migliora e finalmente aumenta il benessere dei naufraghi.

sabato 8 maggio 2010

Banche centrali in periodi di crisi finanziaria (Werner)

In un articolo il cui titolo originale è "Central banks during times of financial stress" Richard Werner si occupa del ruolo delle banche centrali durante le crisi finanziarie.
Molti signoraggisti usano questo articolo in maniera strumentale adducendolo a sostegno delle proprie tesi complottiste. Ritengo dunque utile leggerlo e commentarlo.

1. Is the crisis new and different?

This paper is concerned with the role of central banks during times of financial crisis with specific reference to the current as well as to several previous relevant crises. To understand the role of central banks—what they are currently doing, what they should be doing, and also to understand their pronouncements—it is important to take a look at how we got ourselves into this crisis. In an ideal world, I would also have enough time to cover their specific operating procedures; however, this latter section will have to remain brief due to time and space limitations.
There is a strand in the literature as well as in the media that seems to suggest that this crisis is new and different from past crises. Two arguments are made to support this contention directly or indirectly. The first is that nobody predicted the current crisis since, it is insinuated, it is such an unprecedented and new problem. The second argument is that there are a number of new-fangled and complex financial instruments which, since they did not exist in past crises, is supposed to demonstrate that the present crisis is new.
Werner illustra come i media abbiamo argomentato che la recente crisi economica sia nuova e diversa dalle precedenti, per due motivi: nessuno ha predetto la sua venuta, e che ci sono molti complessi strumenti finanziari che non esistevano nelle crisi precedenti.

1.1 The present crisis could not be predicted

Let us first address the question of whether the current crisis was to some extent predictable and whether warnings had in fact been issued. Many observers, including the British Queen, were surprised that a crisis of such proportions could happen out of the blue. “Why did nobody predict it?” was Her Majesty’s question. “Cui bono?” The argument that the crisis was unpredictable has served two important stakeholders well: On the one hand there are politicians and central bankers who carry the responsibility to deliver financial stability. Since they failed so dramatically and appeared to have been taken by surprise, they had an incentive to argue that it was natural to be taken by surprise and to have failed to prevent the crisis in the first place – after all, nobody could possibly have predicted it. On the other hand,
there are those financial sector decision makers who have accumulated significant financial losses, nonperforming assets or otherwise failed in their duties to shareholders, customers, regulators or the public at large. Again, the argument that the crisis was an unpredictable thunderbolt appears to absolve them from criticism.
Let us now consider whether the claim is true that the crisis was unpredictable. The record shows that there were fairly specific predictions. A number of economists warned that certain developments in the banking systems of several countries were unsustainable, threatened financial stability and were likely to cause a crisis with more or less severe consequences. Due to space and time limitations, and due to my comparative advantage in commenting on my own predictions, I will here confine myself to the latter.
Werner smentisce che la crisi non fosse prevedibile, illustrando come i sostenitori di tale argomentazione sono proprio gli stessi (politici e banchieri centrali) che avrebbero avuto la responsabilità di prevenirla, quindi cercano in tal modo di sollevarsi da tali responsabilità.
Werner afferma invece che molti economisti avevano avvertito che certi sviluppi nei sistemi bancari di numerosi paesi fossero insostenibili, minacciavano la stabilità finanziaria e avrebbero probabilmente creato una crisi con conseguenze più o meno gravi.
Werner presenta poi diversi esempi di queste previsioni, e conclude con:

I think it can be said that my predictions were fairly specific. But I was by no means the only economist to predict the crisis. Thus, in summary it can be said that the crisis was not unpredictable; it was predicted.
This suggests that it had clearly identifiable features that served as a warning (as discussed below); these warnings were, however, ignored by those who had decision-making power (central banks, governments and their regulatory agencies, and executives at the large financial institutions involved). It is not surprising that they are clinging to the story that the crisis could not be predicted.
Ossia affermando di aver predetto in maniera molto specifica quanto sarebbe accaduto, e di non essere stato l'unico economista a formulare tali previsioni, tuttavia i politici e chi stava al potere (i decision-makers) hanno ignorato questi avvisi. Quindi non sorprende che ora gli stessi affermino che la crisi non potesse essere predetta.
Su questo punto penso non si possa che concordare con Werner

1.2 The present crisis is unprecedented and different in its features

History is unlikely to repeat itself precisely. The question is whether there are certain important features or mechanisms that can be identified to be significant and to occur repeatedly.
Specific features of the current financial crisis are new. This is often emphasized by the adherents of the “new crisis” school. There is a long list of acronyms representing specific financial instruments that until recently had not entered mainstream monetary economics, but that during 2008 suddenly came to be cited frequently even in the daily general press. Examples are ABS, MBS, ABCP, CDO, CDS, SPC, SIV, subprime mortgages, as well as the list of brand-new Fed-created acronyms describing the Fed’s responses since 2008 (such as TSLF, TALF, AMLF, MMIFF) in addition to Treasury’s TARP, CAP, CPP and PPIF and the FDIC’s TLGP. This gives the impression that the crisis is mainly related to a number of new instruments (and likewise a recovery only possible by inventing new responses). There is a temptation to conclude that all these newfangled instruments – since intimately linked to the losses, near blow-ups and failures of financial institutions – must also have been the cause of the crisis. And as they are new
instruments, this would demonstrate that the present financial crisis is unprecedented.
Werner elenca alcuni strumenti finanziari nati negli ultimi anni tra cui i mutui subprime, e osserva che, essendo questi "nuovi" e avendo questi causato la crisi, si potrebbe essere tentati dall'affermare che tale crisi non ha precedenti.

Granted, the activities of banks and securities houses in recent years looked somewhat bewildering to some observers. It seemed to be a form of alchemy that managed to turn what is now called “toxic waste” into triple-A rated securities that eager and commission-based salesmen working for U.S. securities firms were recommending to gullible institutional investors such as the German Landesbanken.
The acronyms may be different in this crisis. But each crisis has its own new financial products that appeared attractive at the time, yet turn into “nonperforming assets” in due course. In Japan during the 1980s, there was much talk about “zai-tech” (financial technology) products into which “tokkin” (special fund) accounts of institutional investors were sunk in the expectation of high returns. The big investors who did not liquidate their long positions in these at the end of the 1980s probably do not exist any more.
Before the 1920s, few people had heard of “margin loans.” They seemed an attractive and sophisticated new form of financial engineering that allowed investors to “generate wealth” in record time. In late 1929 it also was the instrument that crushed the largest number of “investors,” or indeed lenders. So, if anything, we can already ascertain that each financial crisis seems to involve what only just prior to the crisis was considered “advanced financial engineering” often supported by the clever mathematics of university professors of finance, trained mathematicians or physicists.
Questo passaggio è importante, infatti Werner sta mosteando le analogie della crisi con le precedenti. Lo traduco letteralmente:
Certo, le attività di banche e case di titoli negli ultimi anni è apparsa sconcertante ad alcuni osservatori. Sembrava essere una forma di alchimia che riusciva a trasformare quello che oggi chiamiamo "rifiuti tossici" in crediti tripla-A visto che abili venditori che guadagnavano dalle commissioni di lavoro, per conto di grandi ditte statunitensi le hanno raccomandate a ingenui investitori istituzionali come se fossero titoli di stato tedeschi.
Gli acronimi possono essere diversi in questa crisi. Ma ogni crisi ha i suoi nuovi prodotti finanziari che sembrano attraenti, al momento, ma si trasformano in "attività in sofferenza" a tempo debito. In Giappone nel corso del 1980, ci fu un gran parlare di prodotti "zai-tech" (tecnologia finanziaria) in cui i conti "tokkin" (fondi speciali) degli investitori istituzionali sono stati attirati con l'aspettativa di alti rendimenti. I grandi investitori che non hanno liquidato le loro posizioni a lungo in questi, alla fine degli anni 1980, probabilmente non esistono più.
Prima del 1920, poche persone avevano sentito parlare di "prestiti di margine." Sembravano una forma attraente e sofisticata nuova ingegneria finanziaria che ha permesso agli investitori di generare "ricchezza" in tempi record. Alla fine del 1929 è stato anche lo strumento che attirò il maggior numero di "investitori", o addirittura finanziatori. Quindi, se non altro, possiamo già stabilire che ogni crisi finanziaria sembra derivare da ciò che solo poco prima della crisi era considerato "ingegneria finanziaria avanzata", spesso sostenuta dalla avanzata matematica di professori universitari di finanza, o di eruditi matematici o fisici.


In sintesi l'analogia con le crisi precedenti è proprio nell'uso di strumenti finanziari di vario genere, sempre più sofisticati, considerati "altamente tecnologici" prima dello scoppio di ogni crisi.



Thus today’s banking crisis is not the first banking crisis of its kind. It is true that a near-breakdown in the interbank market, as we observed in late 2008, is rare; but it has happened before, such as in the 1930s or when Britain declared war on Germany in August, 1914, starting what is known in Britain as the “Great War.” Granted, the nominal extent of the problem is larger today than in the past; but this is always the case due to the inflationary bias of our monetary system. In the 1980s and 1990s alone, almost 100 countries experienced banking and economic crises (Caprio and Klingebiel, 1999). Banking crises are therefore relatively common. Given such large numbers, it stands to reason that they can be explained by a smaller – and perhaps very small – number of variables. The contention that banking crises – including ours today – are nothing new can be supported, if we can establish that they can be explained by the same mechanism. Further, if such a mechanism can be identified, it must then be ascertained whether it yields indicators that may help predict – and hence prevent – crises. Finally, such a mechanism is then also likely to yield insights into the most efficient responses to crises. All this will put the action of central banks today into perspective.
I would suggest that the cause of crises is as old as banking. And banking is at least 5000 years old, going back to the fairly advanced Babylonian banking system, which was the heart of a cashless, credit-based economy with forward contracts, cashless settlement and the like. Below I thus attempt to distill out briefly the key factors that all these crises have in common. A test of these explanations is whether they help in predicting crises. Here, I believe, the approach has performed well.

Quindi la crisi del sistema bancario di oggi non è la prima crisi del settore bancario nel suo genere. E' vero che un crollo del mercato interbancario, come quello di fine 2008, è raro, ma è successo in precedenza, come ad esempio nel 1930 o quando la Gran Bretagna dichiarò guerra alla Germania nel mese di agosto del 1914, iniziando quella che è nota in Gran Bretagna come la "Grande Guerra". Certo, la portata nominale del problema è maggiore oggi rispetto al passato, ma questo è sempre a causa del bias inflazionistico del nostro sistema monetario. Solo negli anni 1980 e 1990, quasi 100 hanno sperimentato e crisi bancarie economiche (Klingebiel and Caprio, 1999). Crisi bancarie sono quindi relativamente comuni. Dati questi grandi numeri, dipende dalla ragione riuscire a spiegarli con un piccolo, e forse molto piccolo, insieme di variabili. L'affermazione che le crisi bancarie - compreso il nostro oggi - non sono una novità può essere sostenuta, se si può stabilire che esse possono essere spiegate con lo stesso meccanismo. Inoltre, se un tale meccanismo può essere identificato, è necessario quindi verificare se produce indicatori che possono aiutare a prevedere - e quindi prevenire - crisi. Infine, tale meccanismo è quindi probabile che converta le intuizioni in risposte più efficaci alle crisi. Tutto questo metterà l'azione delle banche centrali oggi in prospettiva.
Vorrei suggerire che la causa della crisi è antico come il bancario. E il sistema bancario ha almeno 5000 anni, ricordando il sistema bancario piuttosto avanzata babilonese, che fu il cuore di un'economia senza moneta, basata sul credito con contratti a termine, di risoluzione senza contanti e simili. DI seguito ho quindi cerca di estrarre brevemente i fattori chiave che tutte queste crisi hanno in comune. Una prova di queste spiegazioni è se aiutano nel predire le crisi. Ecco, io credo, l'approccio ha funzionato bene.



Arriviamo ora al vivo dell'articolo.

2. What are the main causes of banking crises?

2.1 Open questions in monetary economics

In the mainstream approach to macro- and monetary economics, money hardly features. Banks don’t
feature at all. Over the past year or two, the economics experts at leading universities across the globe thus faced the difficult experience of receiving phone calls from eager journalists asking questions such as “Can crises not be predicted?” and “Please explain to us why we have banking crises.” They had to respond that they had no idea, since banking does not even feature in their models of the world.
Given this state of affairs in economics I believe it is fair at this juncture to ask some very basic questions, such as: “What is money?” The textbooks tell us: “We do not know what money is” (see, for instance, Miller and VanHoose, 1993). The central banks today give us a long list of potential definitions, ranging from M0 to M4. Which one is it? The monetarists who use these terms admit that they don’t know. There are also significant problems in the empirical application of any of these monetary aggregates: They do not seem to be in a stable, reliable relationship with economic activity. In the early 1980s this problem began to be noticed and by the end of the decade it had become a big conundrum. Many papers were written about this puzzling anomaly, referred to variously as “a velocity decline,” a “breakdown in the money demand function,” and even the perhaps slightly more figurative “Mystery of the Missing Money,” because monetary aggregates were rising a lot but GDP wasn’t rising by as much. Where was the money going?
Werner prima di iniziare a discutere delle cause delle crisi finanziarie, intende chiarire il significato di alcuni termini, in particolare del denaro. Osserva che ci sono varie definizioni della moneta, da M0 a M4, quindi qual è quella giusta? Sembra inoltre che ci siano seri problemi nell'applicazione di queste definizioni di aggregati monetari: non sembrano essere relazionati in modo stabile con l'attività economica. Negli anni '80 il problema si è osservato per la prima volta il problema, e nel decennio è diventato un grande enigma. Molti libri hanno scritto riguardo l'argomento, spiegando la sua variabilità con il rallentamento della velocità di circolazione, o con un crollo nella domanda di denaro. Il pittoresco "mistero del denaro mancante" chiede come mai gli aggregati monetari sono aumentati molto ma il PIL invece non è aumentato altrettanto. Dove stava andando il denaro?


Since the mid-1990s, virtually no new papers have been produced on this question. Observers will be forgiven for thinking that the answer had been found. Yet, the reason there aren’t any papers anymore is because people have given up seeking answers. But let’s not give up so easily. Instead, let’s ask another question: “Who creates money and how is it allocated?” The fact is, in most countries, only about 2 percent of the money supply is the sort of money that you’d think of first, the money that’s in your wallet, notes and coins. In most countries, around 98 percent or even 99 percent of all the money is not notes and coins.
Now, we understand where this 1-2 percent, the paper money, comes from, because it usually tells
us: It has “Federal Reserve Note” or “Bank of England” written all over it. So the more interesting question is, “Who creates the rest of the money?”
Werner afferma che dal 1990 non sono stati scritti nuovi articoli sul tema, ma non perché sia stata trovata la risposta, ma solo perché le persone hanno smesso di cercare la risposta.
Chiede dunque "chi crea il denaro ?", e spiega che nella maggior parte degli stai, il 2% della moneta è fatto da banconote e monetine. Chiede quindi "chi crea il resto del denaro?"

Before I come to the answer, there’s another puzzle in the mainstream finance and banking literature.
Some empirical papers, such as Fama (1985), have shown that banks must have some special power, some kind of monopoly power, compared to other financial institutions. But there is no clear answer as to why that should be. Banks are treated like other financial intermediaries. The textbooks represent this by giving the example of a new deposit of, say, $100 in a bank. With a reserve requirement of 1%, the bank is then shown to be able to lend out $99 to new borrowers. Meanwhile, the bank will deposit $1 with the central bank as its reserve. Hence the bank is “just an intermediary” (Figure 1).


Werner spega come le banche siano considerate come intermediari finanziari. Se è creato un deposito di 100$ in una banca, con una riserva obbligatoria dell'1%, la banca potrà prestare 99$ a chi dovesse richiedere un prestito. Il dollaro rimanente è depositato alla banca centrale come riserva. Quindi la banca è solo un intermediario.

2.2 Answers

I pose that this representation is inaccurate and misleading. First of all, there is a methodological issue. How did the authors come up with these explanations? We should always question the methodology, and we should always strive to adopt a scientific research methodology. The natural sciences approach matters by first considering the empirical facts. In economics, the facts are history. So, historically, where do banks come from? And empirically, how do they actually operate? If we adopt this approach – and in this paper for space and time limitations we can only briefly mention the result – we find that there is a good reason why banks are special. Schumpeter called the banks “the central settlement system of the economy,
that settles all the credits and debits,” and therefore he proposed that we should really start from credit transactions. Things like notes and coins are just a residual, a special case, he gued (Schumpeter, 1954).
There is literature out there saying that credit is key and also that banks are special. This has to do with concepts like the “money multiplier,” the “credit multiplier” or “credit creation” – all of which you will not find mentioned even once in the 700 or so pages of the leading monetary economics textbooks of today (Walsh, 2003; Woodford, 2003). Here are some of the facts that you’re not supposed to know, which is why they’re not in the textbooks:
First of all, I have to disillusion you. People talk about “bank loans.” I’m sorry to say, but there is no such thing. Bank loans don’t exist. Why? A loan transfers an item from the lender to the borrower, so that the borrower has exclusive use of it. If I lend you my car, I cannot also drive it myself. That’s a loan. And that’s not what banks are doing. When banks “lend money,” they are not extending loans. What they do is far more important and has far bigger implications for the economy. I would argue that this is the single most important fact about how economies work: When banks do what is called “lending,” they do not actually transfer money from somewhere else. Instead, they create money out of nothing.
Werner pone l'attenzione sulla natura del "prestito" che fanno le banche. Osserva Werner: quando io presto un oggetto, mi privo di quell'oggetto così che ora solo chi ha ricevuto il prestito lo può utilizzare. Questo non è quello che accade con le banche, quando le banche prestano dei soldi, non stanno erogando un prestito, fanno qualcosa di più importante con grosse implicazioni per l'economia. Werner conclude che le banche creano denaro dal nulla.
In effetti non si può dargli completamente torto, se si considera denaro l'aggregato M1. Ossia l'aggregato che considera anche l'insieme dei depositi.
Abbiamo già discusso questo tema nella nota Ma come prestano i soldi le banche?". L'aspetto che Werner pone in risalto è che le banche creano quindi denaro dal nulla. Ma di quale denaro stiamo parlando? M1 ovviamente, infatti le banche (commerciali) non stampano moneta. Ossia i depositi. Ma permettere il deposito di soldi e prestare denaro non è l'attività tipica delle banche? certo. E facendo prestiti, non aumentano in questo modo M1? certo. M1 è denaro? certo. Quindi anche le banche creano denaro.
Werner aggiunge "dal nulla", in realtà per poter creare il denaro, la banca, per stessa ammissione di Werner, ha bisogno di qualcuno che depositi i soldi in essa. Quindi non li crea proprio "dal nulla". Inoltre, per stessa ammissione di Werner, se la banca ha un deposito di 100, può prestare solo 99 (se la riserva è 1'1%). Se la creazione fosse "dal nulla" che senso avrebbe porre un limite? Però rimane senz'altro il fatto, corretto, che le banche commerciali creano denaro, in particolare facciano, con la loro attività di depositi e prestiti, aumentare l'aggregato M1, che è denaro.


I shall illustrate this by returning to the textbook example of a new $100 deposit with a bank. Let us consider the bank’s balance sheet. In step 1, the new deposit creates a new liability on the bank’s balance sheet (Figure 2). The bank is smarter than the textbook writers, so instead of giving $1 to the central bank and lending out $99, it will give the entire $100 to the central bank and say, “That’s our new reserve.” How much of the $100 will the bank extend as a “loan”? Since the $100 are now on the asset side of the bank’s
balance sheet as reserve, the bank will point out that the $100 is 1% of $10,000. So theoretically the bank can now lend $10,000 minus $100 and have deposits of $10,000 minus $100. By lending $9,900 and receiving deposits of $9,900 the bank would meet the formal reserve requirement of 1% with its $100 central bank deposit. While this calculation is straightforward, it is less obvious how this should work in practice. To be precise, how can the bank lend $9,900 “out of” a total of $100? It seems a physical impossibility. But has banking ever been hampered by the laws of physics? We may be constrained by the fundamental laws of thermodynamics – such as energy preservation: “You can’t create something out of nothing.” But this is only confined to physical matters. It does not apply to disembodied things such as thoughts, ideas and, indeed, numbers on paper (or in the computer). We are discussing banking here, not physics. And banking ultimately is accounting. In fact, it now transpires that it is very creative accounting
in a somewhat devious way.
In questo passaggio, Werner contraddice quanto aveva precedentemente affermato, dimostrando di non aver compreso il meccanismo di riserva frazionaria.
Infatti afferma che una banca, a fronte di un deposito di 100$, può considerarla tutta come "riserva" depositandola presso la banca centrale, e poi da quel momento essere in grado di prestare sino a 9900$. Questo è un grave errore da parte di Werner, infatti non è la singola banca che può prestare 9900$ a fronte di un deposito di 100$, ma il sistema bancario visto nel suo insieme, attraverso il transito ripetuto sotto forma di depositi/prestiti da varie banche.
L'affermazione di Werner si può facilmente dimostrare essere completamente sbagliata.
Supponiamo che la situazione fosse quella descritta da Werner. Supponiamo una banca abbia un solo cliente, e che questo depositi 100$, che la banca stessa deposita presso la banca centrale come riserva. A questo punto la banca non ha più soldi. Arriva il secondo cliente B e chiede un prestito di 5000$. La banca stessa, secondo Werner, crea dal nulla 5000$ e li accredita sul suo conto. Sin qui sarebbe in teoria possibile, ossia la banca si ritiene da un lato creditrice nei confronti di B, e al contempo anche debitrice visto che gli ha accordato il prestito.
Ma a questo punto B va in banca e chiede di prelevare i propri soldi. Come farà la banca a darglieli? non può mica stamparglieli! Ecco che emerge facilmente l'assurdità dell'asserto.
Ad accreditare virtualmente dei soldi sono buoni tutti, il problema è quando il beneficiario dell'accredito tenta di spenderli!

...
Werner prosegue la sua analisi sulle crisi precedenti e conclude:
So the cause of past banking crises is always the same: an asset bubble created by speculative (and unsustainable) bank credit creation like those in the U.S. in the 1920s, Scandinavia and Japan in the 1980s, the Asian crisis in the 1990s, the U.K. property bubble until 2007, the U.S. property bubble and Irish and Spanish bubbles until recently.
Ossia:
Quindi la causa delle precendenti crisi finanziarie è sempre la stessa: una bolla economica creata dalla creazione di credito speculativa ed insostenibile come quella degli U.S. nel 1920, o Giappone e Scandinavia nel 1980, la crisi asiatica nel 1990, e la bolla immobiliare sino al 2007. e la crisi immobiliare e le bolle dell'Irlanda e della Spagna sino dei tempi recenti.


However, credit creation is not only about asset bubbles and banking crises. Banks do not have to lend to speculators (although it may often appear to be compulsory – or how else could one explain their reckless behavior?). It is important to remind ourselves that banks can create money and give it to people who use it for transactions which are part of GDP. That creates two possibilities, namely a) inflation without growth and b) growth without inflation. The first one is not desirable: This is basically when credit is created and used for consumption, i.e., for activities that don’t add to the stock of goods and services.
Again, if money is created and the same amount of goods and services is being chased by this increased money, their prices must go up. That’s called consumer price inflation. But there is another possibility – and that’s the Holy Grail of macroeconomic policy – namely growth without inflation. Credit creation that is used for the production of new goods and services will always be noninflationary and create pure growth.
This is always possible, whether we are below so-called “full employment” or at full employment. We can always have further growth without inflation because the money creation creates new goods and services so that there is no reason for inflationary pressures. That’s why this is called productive credit creation.

Tuttavia, la creazione di credito non è solo creazione di bolle di asset e crisi bancarie. Le banche non devono prestare agli speculatori (anche se può spesso apparire che siano obbligate - o come altro si potrebbe spiegare il loro comportamento sconsiderato?). E 'importante ricordare a noi stessi che le banche possono creare denaro e dare a persone che ne fanno uso per le transazioni che fanno parte del PIL. Questo crea due possibilità, vale a dire a) Inflazione senza crescita e b) Crescita senza inflazione. La prima non è auspicabile: Accade fondamentalmente quando il credito viene creato e utilizzato per il consumo, cioè, per attività che non aumentano lo stock di beni e servizi.
Ancora una volta, se il denaro viene creato e la quantità di beni e servizi comprata da questo denaro rimane la stessa, i loro prezzi devono salire. Che si chiama inflazione dei prezzi al consumo. Ma vi è un'altra possibilità - e questo è il Santo Graal della politica macroeconomica - e cioè la crescita senza inflazione. Creazione di credito che viene utilizzata per la produzione di nuovi beni e servizi sarà sempre una pura crescita non inflazionistica.
Questa è sempre possibile, sia che siamo sotto la cosiddetta "piena occupazione" o alla piena occupazione. Possiamo sempre avere l'ulteriore crescita senza inflazione perché la creazione di denaro crea nuovi beni e servizi in modo che non vi è motivo per le pressioni inflazionistiche. Ecco perché questo si chiama creazione del credito produttivo.


Werner, nonostante lo svarione sul significato della riserva frazionaria, punta quindi il dito, come responsabili della crisi, sulle banche commerciali, e non sulla creazione di moneta da parte delle banche centrali.
Vediamo infatti come suggerisce di evitare le crisi finanziarie:

3. Policy implications

3.1 How to avoid bubbles and banking crises

So how do we avoid banking crises and unproductive credit creation, both of the speculative and the consumptive kind, and ensure that we obtain mainly productive credit creation? This is what some may call boring, old-fashioned banking. It used to be what bankers focused on – when they preferred a quiet life without banking crises – but also with lower bankers’ pay. The pay, but also the advances of modern economic theory, persuaded many bankers otherwise. So what is required for productive credit creation?
All we need is transparent regulation of the qualitative allocation of bank credit, with a simple rule: bank credit must never be given to those who will use it for non-GDP transactions. This means mainly the financial speculators. Such a regulation is enforceable, because banks do ask borrowers a lot of questions as part of their credit analysis. Central banks also ask banks many detailed questions about the use of the newly created credit. Finally, by so drastically restricting access by speculators to bank credit, we are in no way prohibiting financial speculation. To the contrary, speculators will continue to be free to speculate.
What should be forbidden, however, is to give them access to newly created money, which affects us all and the stability of the economy and financial system. Meanwhile, the speculators will be free to access the allegedly efficient capital and financial markets to raise their funds. It is ironic that hedge funds engaged in allegedly highly complex financial transactions in the end could do their jobs only because they relied on plain, old-fashioned bank credit (creation). That is what gave them the excess returns. And that is what must be taken away from them. Let them earn double-digit returns without being able to access newly created money.




Implicazioni politiche

Come evitare le bolle e le crisi finanziarie

Quindi, come possiamo evitare le crisi bancarie e di creazione di credito improduttivo, sia di tipo speculativo che consumistico, e garantire di ottenere creazione di credito prevalentemente produttivo? Questo è un tipo di finanza che alcuni potrebbero chiamare noiosa, antiquata. E' quella su cui si basano i banchieri - quando preferiscono una vita tranquilla, senza crisi bancarie - ma anche con un salario più basso. La paga, ma i progressi della moderna teoria economica, ha convinto molti banchieri a comportarsi diversamente. Così che cosa è necessario per la creazione di credito produttivo?
Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è una normativa trasparente della distribuzione qualitativa del credito bancario, con una semplice regola: il credito bancario non deve mai essere dato a coloro che lo utilizzano per le operazioni non-PIL. Questo significa soprattutto gli speculatori finanziari. Tale regolamentazione si può obbligare, perché le banche chiedono mutuatari un sacco di domande come parte della loro analisi del credito. Anche le banche centrali fanno molte domande dettagliate alle banche commerciali circa l'utilizzo del credito di nuova creazione. Infine, limitando così drasticamente l'accesso al credito bancario degli speculatori, non stiamo in alcun modo vietando la speculazione finanziaria. Al contrario, gli speculatori continueranno ad essere liberi di speculare.
Quello che dovrebbe essere proibito, tuttavia, è di dare loro l'accesso alla moneta di nuova creazione, che riguarda tutti noi e la stabilità dell'economia e del sistema finanziario. Nel frattempo, gli speculatori saranno liberi di reperire capitale in modo efficiente dai mercati finanziari per creare i loro fondi. E' ironico che gli hedge fund che effettuano transazioni finanziarie presumibilmente molto complesse, alla fine, hanno potuto svolgere le loro attività solo perché sono basati su semplice "vecchio" credito bancario. Questo è ciò che ha dato loro i rendimenti in eccesso. E questo è ciò che deve essere loro tolto. Lasciamo loro trarre ricavi a due cifre senza accedere a denaro di nuova costituzione.

Quindi Werner, lungi dall'incolpare le banche centrali (e tantomeno al signoraggio) per le crisi finanziarie, incolpa invece le banche commerciali per dare credito agli speculatori. Le banche centrali, o perlomeno la BCE, non prestano certo il denaro agli speculatori.
Ossia semplicemente dice, non bisogna prestare denaro agli speculatori.



3.2 Suitable post-crisis policy responses

What are the solutions once a crisis has broken out? The cause of crises has been credit creation. The solution also has to involve credit creation. This is not too difficult. It is not as if factories have disappeared. The working population in most countries is still there, nothing has been swallowed up by the ocean, so our problem amounts to an accounting problem. Well, let’s change the accounts! The institution that can do that legally within the current framework, without big institutional changes, is the central bank. Just to give an example of correct policy responses, look at the U.K. in 1914, Germany in 1933, Japan in 1945, Malaysia in 1998 or China in 2008. The correct responses are few. You will find many examples of wrong responses.




Possibili soluzioni politiche alla crisi

Quali sono le soluzioni una volta che una crisi è scoppiata? La causa della crisi è stata la creazione di credito. Anche la soluzione deve prevedere la creazione di credito. Questo non è troppo difficile. Non è come se le fabbriche fossero scomparse. La popolazione attiva in molti paesi è ancora lì, nulla è stato inghiottito dal mare, quindi il nostro problema equivale a un problema contabile. Beh, cambiamo i conti! L'istituzione che può farlo legalmente nel quadro attuale, senza grandi cambiamenti istituzionali, è la banca centrale. Tanto per fare un esempio di politiche di risposta corretta, guardare il Regno Unito nel 1914, Germania nel 1933, in Giappone nel 1945, la Malaysia nel 1998, o in Cina nel 2008. Le risposte corrette sono poche. Potrete trovare molti esempi di risposte sbagliate.


Quali sono le soluzioni che Werner propone?
1) a carico delle banche centrali, facendo comprare da loro i titoli tossici a prezzo quasi pieno
Su questa soluzione c'è da discutere, infatti, perché le banche centrali dovrebbero creare inflazione per salvare chi detiene dei titoli tossici? Questo crea un precedente per cui una grossa banca può prendersi qualsiasi rischio tanto poi se le cose gli vanno male interverrà lo Stato a salvarla

2)chiedere soldi in prestito alle banche commerciali, che li creano dal nulla
Qui Werner ricade nell'errore di prima, inerente la riserva frazionaria. Crede ancora che le banche commerciali possano prestare soldi non che non siano nelle loro disponibilità. E' abbastanza assurdo che un economista possa pensare qualcosa del genere.

3)Eliminare le banche centrali e sostituirle con un distaccamento del tesoro
Questa risposta è abbastanza sciocca poiché il punto non è "chi" debba emettere del denaro, sempre ammesso che questa sia la soluzione, ma il fatto che non si possa emettere moneta dal nulla, e tanto meno per comprare titoli tossici (ossia dal valore di mercato vicino allo zero)

martedì 4 maggio 2010

La CONSOB ammonisce le prime cinque banche italiane

A quanto pare, in un caso più unico che raro, la Consob si è decisa a fare gli interessi dei consumatori mettendo "in riga" le principali banche.
E' di oggi la notizia che la Consob ha convocato UniCredit Banca, Intesa Sanpaolo, Mps, Banca Popolare di Verona e Bnl, per chiedere loro di convocare i consigli di amministrazione al fine di rivedere le procedure di vendita dei servizi finanziari.
I cinque istituti, sommati assieme, rappresentano oltre la metà del mercato.
Dalle indagini svolte dalla Consob infatti è risultato che le esigenze dei budget aziendali hanno prevalso sugli interessi dei clienti.
Le politiche di marketing delle cinque banche per l'offerta di servizi ai clienti e le politiche di incentivazione del personale «sono risultate in larga parte imperniate su logiche di prodotto (quantitativi di prodotti da vendere, di norma di raccolta propria o del gruppo) anziché di servizio reso nell'interesse della clientela».


Il parere della commissione è che tale apparato «non è idoneo a contenere i potenziali conflitti d'interesse tra banca e cliente» poiché il personale «può essere indotto a collocare i prodotti, spesso quelli sviluppati dalla casa, secondo criteri a budget, indipendentemente dall'adeguatezza degli investimenti per la clientela».

Tutto questo in violazione della direttiva Mifid sui servizi d'investimento che impone agli intermediari di «servire al meglio gli interessi dei clienti».

Tuttavia, invece di avviare un iter sanzionatorio,la Consob (così come aveva già fatto nei confronti di Banca Network, Banca Popolare di Milano e di Banca Generali ) ha preferito utilizzare gli strumenti di vigilanza preventiva previsti da Testo unico della Finanza che gli consentono di convocare gli organi amministrativi delle società per modifica pratiche considerate pregiudizievoli per gli investitori.

E' comunque importante che la Consob abbia indicato questa volta i nomi degli istituti oggetto dell'iniziativa. In precedenza la Consob aveva preferito invece secretare l'identità delle società oggetto delle sue reprimende (peraltro successivamente "scoperte" dalla stampa) per evitare una sorta di sanzione reputazionale.

Ma qual'è il confine tra normale incontro tra domanda ed offerta di prodotti finanziari e il conflitto di interessi tra venditore e cliente?
E' proprio questa la particolarità dell'iniziativa, in quanto la Consob sottolinea il fatto che i clienti rappresentano comunque il "soggetto debole" del contratto e che il principio della Mifid (di servirli al meglio) è «prioritario». La commissione ha appurato che, nel promuovere la vendita di tali prodotti, la verifica della "adeguatezza" «è risultata talvolta disattivata attraverso il ricorso ad una presunta "iniziativa del cliente" difficile da dimostrare specie in presenza di una campagna "direzionale"».

Accade quindi che l'intermediario che consiglia un prodotto ad un cliente – secondo quanto stabilisce la Mifid – deve dimostrare che questo fa al caso suo, è cioè "adeguato". Diverso è il caso in cui sia il cliente ad agire di propria iniziativa.

La Consob ha poi rilevato che in alcuni casi i prodotti collocati non erano risultati congruenti con la durata dell'investimento connesso alla tipologia del cliente.

La commissione di vigilanza ha ieri reso nota anche un'altra iniziativa "preventiva" rivolta alla Bnl e Banca Infrastrutture, Innovazione e sviluppo (gruppo Intesa Sanpaolo) per come le due banche stanno gestendo i derivati fuori mercato (otc, over the counter) collocati agli enti locali.

Secondo la comunicazione della stessa Consob sugli strumenti "illiquidi" (come sono i derivati otc) gli intermediari devono sottoporre a «sistematico scrutinio» le posizioni aperte e «proporre, nell'interesse dei clienti, anche eventuali interventi di ristrutturazione delle operazioni». Ciò che, evidentemente, non è sempre avvenuto.