Tra le varie fasi e i vari contratti quello che ora ci interessa è la fase di sucretization ovvero l’atto in cui lo stato dell’Ecuador ha deciso di pagare i debiti delle società ecuadoregne semplicemente stampando moneta (il sucre).
Come gran parte dell’america latina l’ecuador è caratterizzato da un basso tasso di risparmio. Basso livello di risparmio (offerta) vuol dire che per far coincidere gli investimenti (domanda) vi sono due strade o un rialzo dei tassi di interesse reali (prezzo) a livelli probabilmente non sostenibili per l’economia, oppure l’apertura a prestiti esteri. Un risparmiatore estero però di fronte al finanziamento di un impresa ecuadoregna chiede due cose, un tasso di interesse che remuneri il rischio paese e il rischio specifico del mercato e dell’impresa (che è di certo più alto di una società americana) e che il contratto sia stipulato in dollari. Difficilmente chi presta i soldi a un ecuadoregno li presta in sucre con il rischio che la moneta venga svalutata da un momento all’altro e di azzerare di fatto dal punto di vista reale il proprio credito.
Pertanto al momento della crisi economica nel 1983 lo stato era di fronte a questo caso tipo: imprese indebitate con finanziatori esteri con prestiti in dollari.
Il governo decise di usare la BCE (banca centrale ecuadoregna) per risolvere il problema semplicemente comprandoli ovvero fondendo il loro debito con il debito pubblico. La banca centrale comprò delle imprese debiti per un valore nominale di circa 1 miliardo e 370 milioni di dollari.
Nel frattempo che l’immissione di liquidità determinava la svalutazione monetaria con un’inflazione che schizzava dal 25 al 50% nel giro di una sola annualità, l’ecuador concesse ai debitori condizioni particolarmente vantaggiose per la restituzione, dilazionò i termini di pagamento da 3 a 7 anni, fermò i tassi di interesse nominali al 16% mentre i tassi commerciali superavano il 28% e mantenne fisso per i loro debiti il tasso di cambio di 100 sucre per 1 dollaro.
Tradotto in parole povere per la banca centrale, mentre il costo del tasso di interesse dei suoi debiti saliva, i tassi di interesse sui suoi crediti già inferiori a quelli debitori rimanevano costanti; mentre i debiti li doveva saldare alle scadenze dovute i per i crediti si vedeva allungare le riscossioni, mentre doveva restituire debiti in dollari riscuoteva crediti in sucre che non valevano più nulla.
A conti fatti questa bella operazione tra il 1983 e il 1994 costò allo stato in termini di differenze di cambio circa 1 milardo e 560 milioni di dollari e 1 miliardo e 400 milioni di interessi.
Questo è un esempio di come le manovre monetarie irresponsabili possano condurre al fallimento, manovre tutt’altro che isolate nel caso ecuadoregno che hanno mantenuto un’inflazione galoppante per tutti gli anni’90 portando nel 2001 il paese alla dollarizzazione.
Un finale non proprio coerente con la sovranità monetaria.
MMST
In America Latina il sistema monetario non sembra andare benissimo...
RispondiEliminaInfatti in un blog "debunker" spagnolo "Zeitgeist Contrastado" di cui ho scritto su econoliberal tutti i complottisti sudamericani (e sono tanti...gli USA in certi Paesi sono ancora più malvisti che qua...), negavano le spiegazioni dell'autore degli articoli contro il signoraggio dicendo che non è vero che la banca centrale è autonoma come dice lui ecc che nei loro Paesi non è così....Però il fatto che infatti spesso hanno a che fare con delle inflazioni spaventose non gli passa per la testa che può essere dovuto proprio a questa mancanza di vera autonomia...Altro che colpa della BCE o della FED, è colpa della malapolitica
VxVendemmia
Anche chi non conosce la storia economica dell'america latina sa che l'elemento comune fino a un decennio fa sono le iperinflazioni. Ma magari pensano che siano causate dalla finanza ebraica
RispondiEliminaL'impero romano ha prosperato per secoli e l'imperatore emetteva le monete per il popolo. Saranno passati più di 2000 anni ma le regole basilari dell'economia non cambiano (legge domanda/offerta, inflazione etc.). Non mi sembra che L'Ecuador con il dollaro l'Ecuador faccia parte delle prime 10 economie al mondo
RispondiEliminaArrigo
E infatti chi l'ha detto che basta adottare una moneta anzichè un'altra per far girare un'economia o arricchire un popolo? Per creare benessere e sviluppo ci vuol ben altro.
RispondiEliminaInfatti si da troppa importanza all'emissione di moneta quando bisognerebbe puntare su politiche occupazionali, una moneta ha senso quando possiamo acquistare dei beni..10 milioni di euro per noi sono un vitalizio, per un beduino nel deserto carta straccia. Allora perchè in un paese industriale come il nostro tante merci restano invendute, il mercato immobiliare è fermo, c'è tanta disoccupazione...il principio domanda/offerta non dovrebbe riequilibrare il mercato?
RispondiEliminaArrigo
Guarda, mi vado formando un'idea da un po' di tempo, e non mi sono ancora confrontato con nessuno su questo tema. Penso che il problema stia in una maggiore produttività che causa un eccesso di offerta senza che venga raggiunto un adeguato livello occupazionale. O meglio, questa ipotesi spiegherebbe molte cose. In altre parole, se il lavoro di pochi riesce a produrre tanto da saturare il mercato, c'è gente che non trova lavoro ed altra che non riesce a vendere. Sto cercando delle conferme o smentite a questa ipotesi. Se fosse vera però, i prezzi credo dovrebbero scendere. Ma magari non scendono perchè i margini di guadagno sono giá ridotti all'osso.
RispondiEliminaBeh, se ci pensi bene le industrie producono molte merci mediante sistemi di automazione. Ora se prima per fare un auto ci volevano che so 10 operai, ora bastano che so 2 operai + un macchinario. Il macchinario ovviamente non percepisce stipendio e non consuma poi sul mercato, mentre 8 persone devono trovare altra occupazione. L'eccessiva automazione sta quindi togliendo impiego nel settore secondario mentre le merci continuano ad essere prodotte con la stessa proporzione. Non mi vengono in mente soluzioni per rimediare a questa "stortura" del sistema se non quella drastica ma credo impossibile, di imporre solo una percentuale di automazione nel settore industriale. Oppure si dovrebbero introdurre leggi molto dure in materia ambientale che impongono quantitativo massimo di energia consumata/limiti di emissione cosi da imporre un ritorno al lavoro manuale piuttosto che automatico. Sarebbe comunque un regredire regolamentato dagli Stati, ma ripeto altrimenti non mi viene in mente come il libero mercato possa uscire da solo da questa situazione...
RispondiEliminaL'unica idea che mi viene in mente è del tutto antiecologica ed è aumentare i consumi e gli sprechi. Paradossalmente migliorerebbe la situazione. Oppure inventare nuovi servizi o prodotti da offrire e che non tolgano mercato a quelli già esistenti. Imporre misure tese a ridurre l'efficienza non le vedo praticabili e non sono favorevole, fermo restante un giusto e sacrosanto rispetto per l'ambiente.
RispondiEliminaHires, capisco che quel che suggerisci, di aumentare consumi e sprechi, è un paradosso. Sicuramente, tra le altre cose, la limitatezza delle risorse non può permettere uno sviluppo (ed un consumo di beni materiali) infinito, e i danni ambientali si ripresentano poi come costi per la società.
EliminaLa maggior produttività dovuta all'utilizzo di tecnologie va bene se lo scopo della tecnologia è liberare l'uomo dalla fatica e/o ridurre il tempo dedicato al lavoro. Forse una possibile soluzione sta nella ridistribuzione del reddito e nell'incremento del consumo (e quindi dell'occupazione nella produzione) di beni immateriali.
....ma forse non dico niente di nuovo (e in più credo di portare il discorso fuori dal tema del post)
scusate, e grazie per l'ospitalità.
Grazie a te della visita.
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