Se vi è un riscontro verosimile nel panorama della storia monetaria italiana relativo alle paranoie signoraggiste, questo ha il nome della banca romana.
Nata nel 1835 grazie a capitali francesi e belgi la banca romana divenne l’istituto d’emissione dello stato pontificio e dal 1870 una delle sei banche italiane autorizzate a battere moneta confermato dalla legge sugli istituti d’emissione del 1874.
Gli istituti di emissione che potevano emettere moneta secondo la normativa nei limiti massimi di tre volte il capitale
societario e di tre volte l’ammontare delle riserve in metalli preziosi, avevano il compito di accompagnare e sostenere lo sviluppo economico italiano della seconda metà del ‘800, un periodo che vedeva per alcune regioni la nascita della rivoluzione industriale, accompagnata da una consistente crescita economica, da uno sviluppo urbanistico ed edilizio.
Allo stesso tempo si esponevano alle turbolenze finanziarie internazionali, la cui fragilità è testimoniata dalle frequenti crisi dei mercati, poteva generare repentini rientri dei capitali stranieri causando veri e proprie rischi di solvibilità dell’intera economia nazionale. Pertanto il governo garantì tacitamente protezione ripristinando il corso forzoso a ogni segno di crisi di liquidità e allentando i requisiti di riserva tramite decreti negli anni ’80.
Inoltre era affidato all’esecutivo il ruolo di controllo tramite il potere di ispezione, carica nella quale il governo dimostrerà di non avere alcun requisito di trasparenza, indipendenza e credibilità che dovrebbero appartenere a ogni autorità vigilanza.
Gli anni’80 videro in questo contesto la banca romana guidata dal governatore Bernardo Tanlongo, protagonista in una serie di operazioni spericolate di prestiti nel settore edilizio senza corrette valutazioni dei progetti o senza le dovute garanzie con conseguenti esposizioni messe fuori bilancio che violavano i limiti e le normative di legge. Per proteggersi in caso di bancarotta il governatore Tanlongo aveva coltivato una serie di clientele politiche mantenute a suon di quattrini che comprendevano tra le decine di parlamentari, tre presidenti del consiglio e il re Umbeto I.
Di fronte alle spese abnormi e allo scoppio della bolla immobiliare che ha messo sul lastrico l’istituto Tanlongo si mise a fare signoraggio in proprio, decidendo di coprire gli ammanchi di cassa con l’uso della stampante.
Nella prima ispezione del 1888 vennero scoperte duplicati di banconote (stampate con lo stesso numero di serie) per un ammontare di 9 milioni di lire, ufficialmente ordinati dalla tipografia per sostituire le banconote vecchie in realtà mai ritirate; i risultati rimasero sulla scrivania del ministro dell’industria e non vennero resi pubblici.
A un successivo controllo nel 1892 il conto delle banconote replicate abusivamente venne rettificato a 40 milioni e più di 70 milioni le esposizioni in eccesso oltre i limiti stabiliti dalla legge, nel 1893 quandò venne messa in liquidazione e il suo governatore rinchiuso in carcere, la banca romana a fronte di riserve nulle aveva più di 100 milioni di lire in banconote in circolazione.
Che le prove siano state ignorate o distrutte dai giudici è solo un dettaglio, che ha portato all’assoluzione di tutti gli imputati coinvolti.
Conseguenze per la politica furono poche; Crispi stette saldamente in poltrona guidando il governo, Giolitti rimase in parlamento aspettando il suo turno per riprendere la presidenza del consiglio nel 1903 avendo una carriera politica paragonabile a quella di Andreotti, insomma i fatti dimostrano che questi soggetti pur rispondendo al popolo ed essendo soggetti ad elezione (sebbene a malapena votavano il 5% della popolazione), hanno fabbricato porcherie difficilmente replicabili.
Ora da questi fatti si possono fare due tipi di riflessioni.
Si può esaminare seriamente la questione evidenziando la questione della mancanza di separazione tra i poteri; cercare per esempio di capire che senza un CSM i giudici diventano ricattabili e aggredibili dal potere politico, e che se l’autorità di vigilanza legifera sui controllati o ha potere esecutivo verso i controllati non sempre la soluzione è ottima, se viene corrotta poi perde ogni tipo di crebilità indipendentemente dal suo processo di nomina.
Oppure si può considerare il problema il fatto che Tanlongo non fosse un dipendente pubblico o una soggetto non eletto ogni cinque anni pensando che la magica parola sovranità popolare risolva ogni tipo di questione.
Ad ognuno la propria conclusione.
Riferimenti:
Le banche di emissione in Italia trail 1861 e il 1893:un caso di concorrenza?
Lo scandalo della Banca Romana
La rai ha fatto anche un film:
Lo scandalo della banca romana
di cui questa è la locandina web
"Oppure si può considerare il problema il fatto che Tanlongo non fosse un dipendente pubblico o una soggetto non eletto ogni cinque anni pensando che la magica parola sovranità popolare risolva ogni tipo di questione."
RispondiEliminaTradotto in Italiano cosa significa ?
"Oppure si può considerare il problema il fatto che Tanlongo non fosse un dipendente pubblico o un soggetto non eletto ogni cinque anni pensando che la magica parola sovranità popolare risolva ogni tipo di questione."
RispondiEliminaQuello che vogliono dire i signoraggisti. Basta che il responsabile sia uno eletto dal popolo e può combinare tutto tanto dopo un tot d'anni con le elezioni lo si manda a casa. Ragionamento infantile.
:) :) :) siete fantastici!
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